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Quando la moda offende con leggerezza (e i consumatori con forza reagiscono)

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La notizia non ha avuto grande risonanza in Italia ma all’estero desta clamore il maglione ‘razzista’ di Gucci, a cui sembrano affiancarsi altri prodotti con messaggi altrettanto infelici di famosi brand.

Il maglione offensivo è un dolcevita/passamontagna da donna nero, che copre metà viso di chi lo indossa. Sulla parte alta è riprodotta una bocca aperta con due rosse labbra, evocativa dell’immaginario (offensivo) dei volti di colore. Un recente raduno dell’Antifa a Filadelfia ha visto inoltre molti membri indossare il maglione in questione mentre marciavano.

Gucci si è premurata di porgere le proprie scuse su Twitter “per l’offesa causata” e di rimuovere il prodotto dalle vendite on line, annunciando anche il ritiro dai negozi fisici. “Consideriamo la diversità un valore pienamente da confermare, rispettare e all’avanguardia di ogni decisione che prendiamo. Siamo totalmente impegnati nell’aumentare la diversità nella nostra organizzazione e nel trasformare questo incidente in una potente lezione per il team di Gucci e non solo”.

Recentemente anche Prada è uscita sul mercato con un prodotto analogamente offensivo: nella sua collezione Pradamalia sono inclusi ciondoli per borse con le fattezze di una scimmia nera con le labbra rosse sporgenti (come una figura di Little Black Sambo). Prada si è scusata e ha promesso di donare i proventi dalla vendita dei ciondoli a “un’organizzazione con sede a New York impegnata nella lotta per la giustizia razziale”, annunciando l’intenzione di istituire un “Consiglio consultivo per guidare i nostri sforzi su diversità, inclusione e cultura”.

Gucci, Prada e Dolce & Gabbana (recentemente coinvolti in un clamoroso scivolone razzista in Cina): alcuni articoli stranieri raggruppano i marchi italiani a dimostrazione del clima razzista nel nostro paese. In realtà non riguarda solo l’Italia.

Un altro brand accusato di razzismo per un suo prodotto è infatti Katy Perry. Due pezzi della collezione di calzature sono stati rimossi e sembra ritirati dagli scaffali dei negozi: evocavano, con grosse labbra rosse su fondo nero, la blackface.

Sempre recentemente, H&M si è trovata nei guai per una pubblicità che mostrava un bambino di colore con una felpa con cappuccio con la scritta “La scimmia più mitica nella giungla”! La popstar canadese The Weeknd, di origine etiope, ha annunciato su Twitter di voler tagliare i ponti con l’azienda. Ci sono state inoltre proteste in Sudafrica, dove i negozi sono stati temporaneamente chiusi. H&M ha rimosso la pubblicità e il prodotto dalla vendita.

Anche se è possibile che i prodotti non intendessero offendere o evocare immagini razziste, in ogni caso sembrano passi falsi di grandi brand compiuti mostrando leggerezza e ignoranza del contesto culturale, dovute forse anche all’assenza di diversità tra chi decide le collezioni. 

Burak Cakmak, il preside della School of Fashion della Parsons School of Design, ha dichiarato: “Mentre sempre più aziende si stanno riposizionando come business orientato al valore, la maggior parte non sembra abbastanza profonda da comprendere i contesti storici e culturali del loro design e delle scelte di marketing per valutare ciò che potrebbe essere offensivo, inappropriato o semplicemente senza autorizzazione”. La blackface ha suscitato critiche, intensificate negli ultimi anni, fin dai tempi in cui i bianchi nelle rappresentazioni dei menestrelli cominciarono ad usarla nel 1800. “L’ignoranza della natura offensiva del blackface è la parte dolorosa“, ha detto Venise Berry, una professoressa di giornalismo all’Università dell’Iowa che sta pubblicando un libro su come le persone di colore vengano viste nei media contemporanei. “Quando qualcuno mette la faccia nera, è un promemoria sul modo in cui i neri sono sempre stati considerati inferiori”, ha detto Berry. “Blackface è sempre stato problematico, è un’immagine storica e razzista degli afro-americani“.

Non basta istituire la figura di un Diversity Manager (come in H&M). La cultura organizzativa dovrebbe includere la diversità ed essere diffusa in ogni livello aziendale. Rispetto a decenni fa, i consumatori attenti e sensibili ai temi sociali mettono in discussione i messaggi dei brand, con la possibilità di reagire in modo forte, più rapido e diffuso in confronto al passato: un cambiamento che le aziende non dovrebbero prendere con leggerezza. 

(Più sotto le foto).


English: When fashion offends with levity (and consumers with strength react)

The news has not had great resonance in Italy, but abroad the “racist” sweater of Gucci causes a sensation, to which other products seem to stand side by side with equally unhappy messages from famous brands. The offensive sweater is a black women’s turtleneck/balaclava, that covers half of the wearer’s face. On the upper part there is an open mouth with two red lips, evocative of the (offensive) imaginary of the black faces. A recent rally of the Antifa in Philadelphia also saw many members wearing the sweater in question as they marched.

Gucci made an effort to apologize on Twitter “for the offense caused” and to remove the product from online sales, also announcing the recall from physical stores. “We consider diversity to be a fundamental value to be fully upheld, respected, and at the forefront of every decision we make. Ee are fully committed to increasing diversity our organisation and turning this incident into a powerful learning moment for the Gucci team and beyond”.

Recently Prada also came out on the market with a similarly offensive product: in its Pradamalia collection charms for bags were included with the features of a black monkey with protruding red lips (like a figure of Little Black Sambo). Prada apologized and promised to donate the proceeds from the sale of the charms to “a New York-based organisation committed to fighting for racial justice”, announcing its intention to set up an “Advisory Council to guide our efforts on diversity, inclusion and culture”.

Gucci, Prada and Dolce & Gabbana (recently involved in a resounding racist slip-up in China): some foreign articles gather the Italian brands together to demonstrate the racist climate in our country. In reality it is not just about Italy.

Another brand accused of racism with products is in fact Katy Perry. Two pieces of the footwear collection have been removed and seem to have been recalled from the shelves of shops: they evoke, with big red lips on a black background, the blackface.

Always recently, H&M was in trouble for an advertisement that showed a black child in a hoodie with the inscription “Coolest monkey in the jungle”! The Canadian pop star The Weeknd, of Ethiopian origin, has announced on Twitter that he wants to cut the bridges with the company. There have also been protests in South Africa, where stores have been temporarily closed. H&M has removed the advertising and the product from the sale.

Even if it is possible that the products did not intend to offend or evoke racist images, in any case they seem to be false steps of great brands, showing lightness and ignorance of the cultural context, perhaps due to the lack of diversity among those who decide about the collections.

Burak Cakmak, the dean of the Parsons School of Design School of Fashion, said: “While more and more companies are repositioning themselves as a value-driven business, most are not looking deep enough to understand historical and cultural contexts of their design and marketing choices to assess what might be offensive, inappropriate or simply without permission”. The blackface has faced criticism, intensified in the last years, ever since whites in minstrel shows began using it in the 1800s. “Ignorance of blackface’s offensive nature is the painful part“, said Venise Berry, a journalism professor at the University of Iowa who is publishing a book this year about how blacks are viewed in contemporary media. “When somebody puts blackface on, it is a reminder how black people have always been considered inferior,” Berry said. “Blackface has always been problematic. It is a historic, racist image of African-Americans.”

It is not enough to establish the figure of a Diversity Manager (as in H&M). Organizational culture should include diversity and be spread across every business level. Compared to decades ago, consumers who care and are sensitive to social issues question the messages of brands, with the possibility of reacting in a strong, quicker and more widespread way compared to the past: a change that companies should not take lightly.

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