
Sustainable Thinking: inaugurata la mostra della Maison Ferragamo, un connubio di esperienze artistiche e ricerche di moda sostenibile che ci apre a un cambio di mentalità
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Nel giorno di apertura (12 aprile) abbiamo visitato l’innovativa mostra dedicata agli spunti di riflessione sul tema della sostenibilità nella moda, nell’arte e nell’architettura.
Il progetto, che nasce da un’idea di Stefania Ricci, fa parte delle iniziative della Maison Ferragamo realizzate lungo il percorso di trasparenza ed etica intrapreso. Per il brand Salvatore Ferragamo investire nello sviluppo sostenibile significa credere che l’utilizzo di materiali innovativi, il legame con il territorio, l’attenzione all’ambiente e alle proprie persone siano elementi essenziali per il successo. Rappresenta forse il modo migliore per rispettare i valori trasmessi dal suo fondatore, che ha sempre sperimentato materiali naturali e inconsueti per costruire una filosofia del benessere fisico e psicologico del proprio cliente.
Non si tratta dell’esposizione di tutte le possibili tecniche, prassi e materie prime per ridurre l’impatto ambientale. È invece uno scrigno di spunti ben presentati, un contenitore ben curato di stimoli di riflessione che provengono dalle creazioni esibite, frutto del connubio tra esperienze artistiche e principali ricerche di moda sostenibile. Camminando per le sale ci si muove in un mondo nuovo, speriamo di un futuro molto vicino, in cui si è accompagnati ad aprirsi a mille possibilità di creare avendo in mente la riduzione dell’impronta umana sull’ambiente. I vestiti, le opere, i materiali esposti invitano a un cambio di mentalità, con cui l’uomo comprende che non può più essere al centro dell’universo a discapito di altre creature e della natura, ma rispettando la centralità della persona deve inserirsi armoniosamente in un fragile ecosistema.
Dal riuso, alla trasformazione, ai nuovi materiali, ogni sala è una scoperta o una conferma di nuove opzioni. Consigliamo di visitare la mostra. Qui vi portiamo con noi lungo il percorso nelle diverse sale.
Nella sala introduttiva, schermi interattivi presentano informazioni, dati e immagini (grazie al contributo di Hakan Karaosman, professore al corso di Luxury Fashion Management del Politecnico di Milano) che spiegano i cambiamenti necessari in ambito produttivo per ritrovare l’equilibrio perso nel delicato ecosistema. Nella stessa sala si espande l’opera Invasion dell’artista Pascale Marthine Tayou immergendo il visitatore in un ecosistema sbilanciato in cui la plastica domina sugli elementi naturali distrutti. È inoltre presente un omaggio a Joseph Beuys, ritenuto uno dei grandi maestri della seconda metà del Novecento, precursore di problematiche ambientali, politiche e culturali, nonché fondatore del Movimento dei Verdi in Germania, dell’Organizzazione per la Democrazia Diretta e della Free International University for Creativity and Interdisciplinary Research.

La seconda sala è dedicata a Salvatore Ferragamo e al suo coinvolgente, consistente e continuo lavoro sui materiali, valorizzati in ogni modello conservando le proprie caratteristiche e nel contempo adattandosi alla funzionalità delle calzature. 77 paia di scarpe nate tra gli anni ’30’, ’40 e ’50 dal connubio tra le tecniche artigianali del luogo, il ricamo in seta e cotone, il merletto ad ago prodotto nelle campagne circostanti, gli intrecci di paglia impiegati per la produzione dei celebri cappelli fiorentini e la sperimentazione di pellami, tomaie ricamate, ma anche di materiali più poveri e mai utilizzati per le scarpe al tempo di Ferragamo: la carta, la corteccia d’albero, la rafia, la pelle di pesce, il cellofan. Le meravigliose calzature create da Ferragamo con la zeppa di sughero, da alberi tipici dell’area mediterranea, sono la prova che ogni materiale, anche il più modesto possa essere creativamente modificato in modo da ben collocarsi nel mondo del lusso, da cui all’origine appare tanto lontano. Questa sala è un sogno ad occhi aperti per chi ha la passione delle scarpe. Molti dei modelli di questa sezione potrebbero essere perfetti per rappresentare il tema della sostenibilità nella moda contemporanea, anche se negli anni in cui lavora Ferragamo non si parla certo di salvaguardia ambientale e il desiderio di novità nasce da motivi diversi, dalla penuria di materiali più prestigiosi e dal rarefarsi delle materie prime.
Rainbow Future – Salvatore Ferragamo
Trasformazione – vestiti, accessori e opere in questa sala provengono dall’idea di rielaborare le materie prime seconde (pre- o post consumer o pre-industriali). La trasformazione degli scarti deve rigorosamente avvenire tramite un processo meccanico, per risultare sostenibile evitando l’utilizzo di sostanze chimiche inquinanti.
I designer creano da: riciclo di reti recuperate dal mare (Ecoalf), plastica dalle bottiglie (Paul Andrew), scarti di pellame (Maria Sole Ferragamo), linguette ad anello recuperate (Bottletop), vestiti usati reinventati e feltrati (Eileen Fisher), tessuti riciclati di denim (KUON), tessuti militare riutilizzati (RÆBURN), corde e filati riciclati al 100% e scarti editoriali (Bethany Williams, coinvolgendo giovani donne che stanno percorrendo un cammino di recupero) o persino impiegando gli indumenti indossati nel momento dell’emigrazione (Chain).
Because there is no planet B – Ecoalf (foto archivio Ferragamo) Artemisia – Maria Sole Ferragamo (foto a.debiasi©) 23 – Chain by Lucía Chain

Sono due le opere d’arte esposte nella sala. La prima di El Anatsu, Energy Spill, una moltitudine di frammenti di lattine e detriti disposti come tessere di un prezioso mosaico contemporaneo, connettendo l’Africa all’Occidente e, allo stesso tempo, passato, presente e futuro. L’altra opera è di Sheila Hick, Satellite Interplanétaire, una scultura circolare in fibra di lana che disposta sulla parete punteggia lo spazio “come costellazione di un giardino interplanetario”.
I materiali: il cotone che permette di risparmiare il 77% di acqua (ECOTEC®), biopolimeri dai semi di ricino (EVO® prodotto da Fulgar), ritagli pre-consumer di lana e cashmere (Re.VerSo™), fili dalle bottiglie di plastica (Newlife™ prodotto da Sinterama), pizzi smart (Pizzi Smart prodotta da Iluna Group), fibra di poliammide dagli scarti di filatura (Q-NOVA®), cuoio rigenerato (Prodotti Alfa), seta riciclata (Green Fibers di Felice De Palma).
Artigianato e moda sociale – Due le categorie di artigianato che possono rispondere a criteri sostenibili:
- l’artigianato di riciclo che, seppure in misura minore rispetto all’industria, riutilizza tessuti o materiali plastici per trasformarli in qualcosa di nuovo, come esemplifica il lavoro di Andrea Verdura;
- il recupero di tradizioni manuali antiche, destinate a scomparire per gli effetti negativi della globalizzazione, che vengono riviste in chiave moderna, permettendo non solo il rilancio di tecniche e di modelli estetici, ma anche il riscatto di comunità locali che, attraverso le attività artigianali, trovano sostentamento economico e riaffermazione sociale.
Cinque fashion designer sono stati coinvolti nell’esposizione creando con entusiasmo capi e accessori esclusivi, mostrando come secondo loro l’artigianalità sia un elemento portante della sostenibilità e della responsabilità sociale.
Ararauna – Stella Jean (foto a.debiasi©) Somewhere over the Rainbow – Katie Jones
Giacca da materiali di riciclo, pellami di scarto e filatiMosaico – Progetto Quid Alicia – Studio 189
Patchwork di tessuti provenienti da varie comunità del Burkina Faso e dall’India e cucito in Ghana facendo riferimento ai tessuti Kente, tipici della zona

Stivale realizzato con reti da pesca di recupero
Intrecci – Sette sculture sospese, realizzate da Paola Anziché con una sapiente lavorazione a intrecci concentrici che valorizza le caratteristiche delle fibre (tra cui cotone, sughero, corda di lino, cordami di carta, cotone biologico, lana grezza, seta, rafia naturale, trecce di grano, feltro di lana, ananas, banano, juta, corda di sisal). In questa sezione si colloca anche un lungo kimono realizzato con due pannelli di lana biologica morbidamente infeltrita, di Cangiari, il primo marchio di moda eco-etica di fascia alta in Italia, per sottolineare il collegamento con l’opera di Anziché nell’artigianalità dei tessuti.


Innovazione sociale – L’opera presentata in questa sezione è Life Guard di Lucy + Jorge Orta, che rimanda allo stato di emergenza causato dai molteplici conflitti in corso e alla seguente drammatica ondata migratoria degli ultimi anni. Un invito a “REAGIR[e]” alla “MOR”, l’immoralità del traffico di rifugiati, e contribuire attivamente al raggiungimento della “PACE”.
Innovazione – Materiali, vestiti e accessori che fanno parte di una nuova generazione in cui innovazione, responsabilità, natura e creatività si integrano.
I designer creano con:
- Una combinazione di scarti di post-produzione o post-consumo riciclati in filato di poliestere, poliammide, viscosa e poliuretano (Undici (1+1=11), di Laura Cavese);
- Kombucha, un tessuto i cui componenti sono té nero, zucchero e micro-organismi che fermentano e creano cellulose, e in 100% cotone riciclato (La biomímesis, Nous Etudions di Romina Cardillo)
- Tessuto Orange Fiber, inserito in un twin set in maglieria (Primavera/estate 2017, Salvatore Ferragamo)
- Elastomero bioplastico ottenuto da materie prime compostabili e stampa in 3D (Names Gown, Sylvia Heisel)
- Poliestere Newlife™, insieme a cotone biologico, pezzi di vele dismesse e altri materiali di recupero (L’abito dalle 20 e più combinazioni, l’abito modulare di Flavia Rocca)
- Cotone organico, frangia biodegradabile e ricamo in filo di lino (Highway, abito lungo di Hoh Pabissi)
- Piñatex, una pelle ottenuta dalle foglie dell’ananas, laminata in argento (Rombaut Piñatex Cowboy Sneakers, stivali di Mats Rombaut)
- Fibra di vetro, PVC, viscosa, cotone, poliestere (Lucciole di Matteo Thiela)
- Ricamo e stampa ecologici (Xenomorph di Angus Tsui)
- Fibre di filato riciclato da scarti post-produzione (Flows Follow Flaws, outfit di Hellen van Rees)
- Jersey lavorato a jacquard in 100% cotone organico certificato GOTS tinto con la grafite di scarto dei processi industriali, secondo l’antica pratica di tintura calabrese (Graphi-Tee™ , maglietta di WRÅD)
Flows Follow Flaws – Hellen van Rees Highway – Hoh Pabissi
Paesaggio urbano di grattacieli, strade e macchine tridimensionali
L’abito dalle 20 e più combinazioni – Flavia La Rocca
Names Gown – Sylvia Heisel
Motivo grafico formato da nomi di donne che si sono distinte per progetti e idee innovative nei settori S.T.E.A.M. (Science, Technology, Engeneering, Arts & Design, Mathematics, Media).Rombaut Piñatex Cowboy Sneakers – Mats Rombaut Graphi-Tee™ endorsed Perpetua – WRÅD Twin set – Salvatore Ferragamo
Le fibre e i materiali: il primo filato di poliammide al mondo che con la sua struttura chimica a base di carbonio e idrogeno è intrinsecamente nutrimento per i batteri e si degrada in soli cinque anni (Amni Soul Eco® di Solvay); il tessuto 100% vegano ottenuto dagli scarti delle mele (Appleskin prodotto da Frumat); il materiale derivato dalla trasformazione smart-tech dei linter di cotone (Bemberg™ di Asahi Kasei); la fibra dalla frantumazione dei gusci dei crostacei provenienti dal settore alimentare (crabyon); l’acido polilattico (PLA) (di Natureworks venduto sotto il marchio Ingeo™ biopolymer), un biopolimero prodotto con risorse rinnovabili al 100% dalla polimerizzazione dell’acido lattico; il tessuto dai sottoprodotti agrumicoli (Orange Fiber); il materiale a base di fibre di foglie d’ananas (Piñatex); il tessuto da biomasse vitivinicole (Vegea).
Arte, tecnologia e scienza – Due opere di Tomás Saraceno fanno riflettere sull’indispensabilità per la sopravvivenza umana di sviluppare energie rinnovabili, ricercare nuove modalità abitative, osservando altre forme viventi (come i ragni, da cui trarre insegnamenti preziosi). Saraceno persegue l’idea di un’“utopia realizzabile” riprendendo ed aggiornando lo spirito visionario del costruttivismo. L’artista ha fondato una piattaforma open-source denominata Aerocene (era dell’aria) per promuovere un progetto comunitario teso a “una collaborazione etica con l’atmosfera e l’ambiente”.

Tomás Saraceno (foto a.debiasi©)
La cultura della diversità – Fa piacere non sia stato dimenticato questo aspetto delicato e cruciale nella mostra, inserito attraverso la presentazione di Exactitudes, un progetto speciale realizzato da Ellie Uyttenbroek e Ari Versluis con i dipendenti Salvatore Ferragamo sui codici dell’abbigliamento di vari gruppi sociali. La sala è ricoperta dalla carta da parati su cui sono stati stampati tutti i ritratti scattati, unendo le persone che lavorano in Ferragamo sotto il segno della diversità. Secondo la Maison Ferragamo, “un’azienda veramente responsabile e sostenibile, nella propria prospettiva di crescita, deve tener conto dell’integrazione, nella gestione aziendale, di obiettivi di natura economica e ambientale, ma anche sociale, vale a dire comportamenti virtuosi e azioni etiche che si manifestano nel rispetto dei diritti dei lavoratori, nello sviluppo delle loro competenze e nella valorizzazione delle caratteristiche e dell’abilità di ogni singolo individuo”.

Ellie Uyttenbroek e Ari Versluis (foto di a.debiasi©)
Ritorno alla natura – Chiude il percorso della mostra una sala dedicata al ritorno alle fibre naturali (animali o vegetali) e al contatto perduto con Madre Terra. La sezione ospita le opere di due artisti, gli abiti di cinque designer di nuova generazione e tessuti organici. Questi ultimi, scendendo dall’alto del soffitto, creano degli ambienti circolari, nei quali il visitatore può entrare e conoscere le fibre da cui i tessili sono ricavati, le lavorazioni, il mondo che sta dietro questa produzione. In alcuni casi sarà possibile indossare dei capi minimali, concepiti come i cartamodelli in teletta dell’Alta Moda, per sentire la consistenza del tessuto, il suo peso, la sua specificità (canapa, ortica, yak).
Arte – È esposta l’opera di Michelangelo Pistoletto Terzo Paradiso, nuovo progetto volto alla riconciliazione tra artificio e natura per un’umanità più responsabile. “Il simbolo del Terzo Paradiso, riconfigurazione del segno matematico dell’infinito, è composto da tre cerchi consecutivi. I due cerchi esterni rappresentano tutte le diversità e le antinomie, tra cui natura e artificio. Quello centrale è la compenetrazione fra i cerchi opposti e rappresenta il grembo generativo della nuova umanità”. (M. P., Terzo Paradiso, 2003, www.pistoletto.it/it/testi/terzo_paradiso.pdf ).

I fashion designer:
Acropora – Nathalie Ballout
Da scarti di jeans Levi’s usati il suo abito è una storia che narra la lenta morte della barriera corallina, utilizzando come parole i punti del ricamo su un infinito patchwork di tessuto denim simile ad un mare blu.Ero Jazmin Dress – Maria Cornejo
Abito in tessuto in un filato di viscosa prodotto da una miscela di polpa di legno di
abete rosso e pino scozzese proveniente da foreste certificate sostenibiliMother – Tiziano Guardini, realizzato con Barbara Mugnai
Una cascata di strisce ondulate di seta verde, non violenta,
prodotta da Cocccon e certificata GOTSMother Earth– Laura Strambi
Realizzato in tessuto Newlife™, seta e cotone organico prodotto in esclusiva per lei, trattato con tinture naturali messe a spatola e tessuti stampati riciclati, è ricamato con materiali provenienti dal suo archivioDalla collezione Wear Your Heart on Your Sleeve , Wyhoys by Lilla Pápai
Il disegno sul capo allude agli effetti catastrofici sulla natura e sulla fauna causati dalla fuoriuscita di petrolio in mare. Il tessuto è in lana merino australiana e neozelandese certificata GOTS, lavorata secondo l’antica tecnica della feltratura
Le fibre e i tessuti naturali: la canapa (il tessuto è stato fornito da Maeko Tessuti & Filati Naturali), il cotone organico colorato (Organic Cotton Colours), il feltro (un non-tessuto, prodotto con l’infeltrimento delle fibre – Filz Torino Feltri), il Kapok (la fibra 100% vegetale e naturale che si ottiene dai frutti di un albero, prodotto da Flocus), le lane autoctone (del Lanificio Fratelli Piacenza, dagli allevamenti italiani di pecore dove la lana giace abbandonata sui territori in cui i pastori e gli allevatori, costretti dal ciclo biologico e dalle necessità di sopravvivenza degli animali, praticano direttamente la tosa delle proprie greggi), il lino organico (fornito da TINTEX Textiles), l’ortica (da Camira Fabrics), la seta vegana non violenta (da Ereena), il sughero (da Villani Leonello), le tinte naturali (di casa Clementina di Sissi Castellano e Stefano Panconesi) e il filato mYak (dalla fibra più fine e sottile del baby yak). Tra i tessuti naturali anche le creazioni di Chiara Vigo (articolo sulla seta del mare) che con il bisso tesse magistralmente preziose opere che non si possono né comprare né vendere, solo donare o ricevere.
