
Sfilano gli abiti all’insegna dell’upcycling sotto le stelle di Frasso Sabino
Con l’upcycling di materiali più diversi sfilano gli abiti ecologici a Frasso Sabino, in provincia di Rieti. Un appuntamento immancabile. Ogni anno la creatività dei designer del riciclo mostra come sia possibile guardare con occhi diversi ciò che altrimenti getteremmo via come rifiuto.
I vestiti sfilano per le vie del piccolo borgo sotto un cielo limpido, tra i tavoli disposti per l’occasione. In giuria, li osserviamo uno a uno per valutare la complessità della realizzazione, il riciclo dei materiali, l’originalità, l’impegno creativo. Nel frattempo è servita una cena speciale in vasocottura e senza carne.
Grazie a Serena, a Simona, agli artisti, alla pro loco di Frasso Sabino per l’impegno nel creare un’iniziativa importante per sensibilizzare su temi che ci stanno a cuore, come quelli dello spreco e di una moda più sostenibile.
13 gli abiti in gara quest’anno. Te li descriviamo uno a uno: ti stupiranno per i materiali spesso inusuali per la realizzazione di un abito da sfilata!
Quale avresti scelto? Qual è secondo te il più ecologico?
Primo classificato: Patria (Donata Claps)
È una riproduzione del costume nazionale ucraino creato dall’artista come un grido contro la guerra. Indovineresti mai con cosa è stato realizzato? Patria è un abito che si fa notare come tale, non ha più traccia dei rifiuti, fa dimenticare il riciclo e riporta alla moda.
Realizzato con: mascherine chirurgiche monouso, garze ospedaliere, piatti e bottiglie di plastica, buste della spazzatura, spaghi di plastica per balle di fieno, copertura di un ombrello, spighe di grano.
Secondo classificato: Battito di ali (Joy Fumi Akinseye, Sundus Saeed, Valentina Ferrari della Sartoria Sociale KORE)
Creato da tre designer e modelliste di tre paesi diversi (Nigeria, Pakistan e Italia), l’abito vuole trasmettere contemporaneamente la leggerezza del volo di una farfalla e la minaccia della sua estinzione, con la speranza che la natura si rigeneri.
Realizzato con: sacchi della spazzatura, filtri da cucina, pluriball, rete di plastica da cantiere, plastica trasparente, piumino per spolverare, bottiglie di Coca-Cola, cavetti elettrici.
Terzo classificato: Gli opposti si attraggano (Vive e cattive Show)
Quattro colleghe hanno voluto riutilizzare i rifiuti prodotti durante il lavoro per creare un abito che richiamasse proprio la loro attività. “Il positivo e il negativo, il pieno e il vuoto che si completano alla perfezione”, così descrivono il vestito.
Realizzato con: film in resina di colore nero, scarto di stampa termica, impianto in pellicola litografica, polietilene espanso residuato da operazioni di imballaggio e confezionamento, carte di protezione lastre per stampa litografica, cartoncino di scarto derivato dalla fustellatura di scatole, bianco e nero che rappresentano lo yin e lo yang, le forze opposte da cui tutto si origina.
Corto circuito (Simona Toma)
Ispirato al vissuto dell’artista, che dice di sé: “Essere in corto richiede la forza di smantellare, rimpastare e rilanciare il proprio io”.
Realizzato con: tappi di sughero, retina zanzariera, cannucce di plastica, gruccia di ferro.
Fiamme e intrecci (Scuola di arti e mestieri Nicola Zabaglia – Monica Cosimi, docente; Cristiana Pompei, insegnante; Maftuna Halimova e Angelina Saura, allieve)
Allieve e insegnanti hanno creato un abito scultura che richiamasse le fiamme degli inceneritori. I rifiuti diventano nella fusione un tutt’uno di intrecci.
Realizzato con: strisce di scarti di carta fotografica, nastri, scarti di tela di nylon, stecche di plastica, tappi di bottiglie, capsule del caffè.
Albero (Valeria Zingaretti)
Al passaggio dell’abito musicale si sentono i suoni della natura. Provengono dall’ondeggiare di legnetti armoniosamente inseriti per vestirci con ciò che la natura stessa ci offre.
Realizzato con: legni di scarto raccolti sulla spiaggia, organza beige.
Controverso (Erika Petrozzi)
Creato con rifiuti sanitari, l’artista desidera farci riflettere sulla speranza di vita e rinascita, dopo un lungo periodo di sofferenza.
Realizzato con: mascherine, capsule di farmaci, filo da pesca.
Verde Speranza (Andreina ed Eleonora Amodeo)
Morbido e ampio, l’abito è un invito a costruire con speranza e buon senso un futuro senza sprechi.
Realizzato con: telo da cantiere, mascherine e reggi mascherine, capsule di caffè.
CambiaMenti (Associazione Carta Bianca)
L’unico abito maschile in gara è stato creato con l’intento di far riflettere sui cambiamenti che l’uomo sta portando nell’ecosistema, per cambiare mentalità.
Realizzato con: carta, zanzariere, struttura in metallo di ombrelli dismessi.
Pioggia di colore (Nadia Assogna)
1.710 dischetti tagliati uno ad uno da ombrelli buttati per creare 95 pon pon, cuciti a mano per formare petali di fiore sul corpetto e la gonna. Cura e pazienza per un risultato sbalorditivo. “Vorrei che nessuno più abbandonasse in strada ombrelli rotti e nessun tipo di rifiuto”, spiega Nadia. “Non abbandonate rifiuti per strada! A voi non costa nulla ma il mondo ne guadagna in salute”.
Realizzato con: ombrelli di vari colori e dimensioni ormai inutilizzabili raccolti negli anni con la collaborazione di amici e parenti, un vecchio reggiseno, filo metallico per intelaiatura, cappuccetti in plastica e metallo.
La rinascita (Centro Antiviolenza Angelita di Rieti)
Con questo vestito, gli artisti lanciano un messaggio chiaro e forte: “Dobbiamo liberare il pianeta dal soffocamento della plastica così come ogni donna da ogni forma di violenza”.
Realizzato con: sacchi della spazzatura, bottiglie di plastica, lattine, cannucce.
Relax (Laura Toma)
Laura si è ispirata al film “Freakout” con la sua storia piena di magia, personaggi straordinari e odiosi, ma con tanta voglia di migliorare il mondo e far star bene il prossimo. Un minuzioso intreccio di involucri di uso comune e altri scarti: non diresti che è realizzato con le carte dell’uovo di pasqua!
Realizzato con: incarto di uova di pasqua e di merendine, fodera dell’imbottitura di un cuscino, rete di mazzi di fiori, tappi della birra e di bottiglie di plastica, bottiglie di plastica, elastici.
La mia impronta (Simona Malerba)
L’intento dell’abito è di portarci a riflettere sull’impronta ecologica che ognuno di noi lascia sul pianeta attraverso le nostre scelte. Ciò che mangiamo, il modo in cui ci vestiamo, i nostri comportamenti. Tutto lascia un segno indelebile.
Realizzato con: scarti di spugna da bagno, pluriball e scarti da imballaggio, ganci in plastica ricavati da tenda da doccia, carta rotoli di carta igienica, graffette, un mazzo di grano e una foglia d’ulivo.
Qui abbiamo raccontato delle edizioni passate: scopri gli abiti delle sfilate precedenti!
Foto di: Gregorio Maria Mattei, Dress ECOde, Francesco Franceschi, Sara Gentili. Video di Dress ECOde.