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Mango e l’investimento dei brand nel noleggio di abiti

In marzo del 2023 la stampa online riportava ovunque l’investimento del brand fast fashion Mango nel noleggio di abbigliamento. Infatti, la grande azienda di moda ha avviato un test pilota chiamato “Mango Renting” per entrare nel business del noleggio, investendo nella piattaforma La Más Mona. Con questa iniziativa il gigante spagnolo di abbigliamento offre ai clienti la possibilità di prendere in prestito una selezione limitata dei suoi capi: 40 articoli aggiornati mensilmente, con prezzi che variano dai 30 ai 36 euro. Si seleziona l’abito, si sceglie la data di consegna e si programma il ritiro entro 4 giorni all’indirizzo di consegna originale oppure a un altro a scelta del cliente.

Mango ha avviato questo test pilota con l’obiettivo di offrire maggiore versatilità nella fruizione delle sue collezioni. Questo approccio richiama il modello di business di successo di La Más Mona, sottolineando l’importanza della flessibilità e dell’accessibilità nella moda.

La Más Mona

La Más Mona, una piattaforma spagnola di noleggio di abiti e accessori, è stata scelta come destinataria dell’investimento, ricevendo supporto finanziario e mentoring da parte di professionisti di Mango. Fondata nel 2012, La Más Mona ha un modello di business rivolto sia ai consumatori finali sia ad altre attività. Conta 315.000 clienti registrati e 35.000 capi noleggiati.

Nel 2020, i piani dell’azienda includevano l’apertura di un franchising in Messico con un partner locale e di altri negozi in Spagna. A quel tempo, l’obiettivo dell’azienda era quello di avere venti punti vendita fisici entro il 2023, successivamente posticipato al 2025. Nel 2021, La Más Mona ha registrato un fatturato di 350.000 euro, il 43% in meno rispetto al 2019, quando era salito a 620.000 euro. Durante la pandemia, le vendite dell’azienda sono crollate a 150.000 euro.

Nel 2022 La Más Mona pianificava di ampliare ulteriormente la gamma dei suoi servizi con l’introduzione di un nuovo tipo di abbonamento: LMM Daily. È un innovativo modello di abbonamento incentrato sul noleggio di indumenti per l’uso quotidiano. Polo Villaamil, fondatore e amministratore delegato dell’azienda, esprimeva la speranza che questo nuovo modello guadagnasse ulteriore popolarità e che la quota di vendite online aumentasse fino al 50% (fonte Modaes). L’azienda aveva già tentato di normalizzare il concetto di noleggio di abbigliamento nel 2020, poco prima dell’insorgere della pandemia, attraverso il lancio di un catalogo di prodotti adatti all’abbigliamento quotidiano.

La società prevedeva di raccogliere 500.000 euro attraverso investitori privati e azionisti e di aumentare i negozi fisici localmente. “La Spagna è un paese molto interessante e abbiamo ancora tanto da crescere in questo mercato”, aveva dichiarato il manager a Modaes.

Inoltre, nel 2022 l’azienda ha deciso di compiere un cambiamento strategico: da un modello rivolto al cliente finale a renting-as-a-service, ossia un servizio di noleggio a terzi. Orientando la sua strategia verso il settore professionale, La Más Mona sperava di aumentare i propri ricavi del 185%, fino a un milione di euro entro il 2023. “Vogliamo promuovere un nuovo modello di consumo nella società e per questo i brand devono impegnarsi e iniziare a offrire il noleggio di abbigliamento. Più marchi inizieranno ad affittare, meglio sarà per tutti noi”, spiegava Villaamil a Modaes.

A marzo 2023 il cambiamento di strategia è stato convalidato da un accordo con Mango, che ha investito nell’azienda con un prestito partecipativo convertibile tramite Mango StartUp Studio.

Il noleggio di abbigliamento e i brand

Nel XIX secolo, soprattutto nelle città europee come Londra e Parigi, si sviluppò un mercato del noleggio di abiti, rivolto principalmente alla classe sociale alta. Le persone affittavano abiti di alta moda per eventi come balli, teatri e cerimonie. Negli anni successivi, con l’avvento delle case di moda e la crescita della classe media, il noleggio di indumenti si diffuse anche tra le persone con redditi più modesti, diventando una pratica più comune per occasioni speciali come matrimoni, feste e eventi formali.

Oggi, il noleggio di abiti è diventato nuovamente popolare grazie all’aumento dell’interesse per la sostenibilità e all’evoluzione delle tecnologie digitali, che hanno reso più accessibili e convenienti i servizi di noleggio online. Questo ha portato alla nascita di numerose piattaforme e aziende specializzate nel noleggio di abiti per una vasta gamma di occasioni.

Ci sono alcuni marchi di moda che, oltre a produrre abbigliamento, offrono anche servizi di noleggio. Ecco alcuni esempi:

  1. Ganni: Oltre alla vendita di abbigliamento, il marchio di moda danese ha avviato un servizio di noleggio chiamato “Ganni Repeat”, che consente ai clienti di noleggiare abiti per quattro giorni alla volta.
  2. Bloomingdale’s: Il grande magazzino statunitense, noto per la sua vasta selezione di marchi di moda di alta qualità, accanto alla vendita offre anche un abbonamento chiamato “My List at Bloomingdale’s”. I clienti possono così noleggiare abiti per eventi speciali o per l’uso quotidiano.
  3. MUD Jeans: impegnato nella sostenibilità, il brand olandese noleggia i propri jeans per 12 mesi. Una volta trascorso l’anno, si può decidere di tenere i jeans o scambiarli con un nuovo paio. I jeans restituiti sono riparati o riciclati.
  4. H&M: anche il marchio svedese di fast fashion ha avviato il noleggio (in Svezia, nel Regno Unito, in Olanda), dopo un test effettuato nel 2019. H&M Rental consente ai membri di prendere in prestito capi e di prenotare una consulenza personale con uno stilista in negozio.

Altri brand, tra cui anche quelli del lusso, scelgono di collaborare con piattaforme esistenti invece di includere direttamente il servizio di renting.

Mango StartUp Studio: gli investimenti

Mango Renting è uno degli investimenti di Mango StartUp Studio: Recovo, Payflow e la stampa 3D architettonica di Ziknes sono altre start up finanziate dal gruppo spagnolo.

Ci sono diverse ragioni per cui un marchio fast fashion come Mango potrebbe decidere di investire in startup. Ecco alcuni motivi:

  1. Innovazione: Le startup spesso portano idee fresche e innovative nel settore della moda. Investire in startup consente a un marchio come Mango di rimanere all’avanguardia delle tendenze emergenti e di adottare nuove tecnologie o modelli di business per migliorare la propria offerta.
  2. Sostenibilità: Molte startup nel settore della moda si concentrano sulla sostenibilità ambientale e sociale. Investire in queste startup consente a Mango di affrontare le crescenti preoccupazioni dei consumatori riguardo all’impatto ambientale dell’industria della moda e di sviluppare pratiche più sostenibili all’interno del proprio business.
  3. Diversificazione: Investire in startup offre a Mango l’opportunità di diversificare le proprie attività e di espandersi in nuovi settori o segmenti di mercato che potrebbero essere al di fuori del suo core business tradizionale.
  4. Accesso a talenti e risorse: Collaborare con startup può dare a Mango accesso a talenti e risorse innovativi che potrebbero non essere disponibili internamente. Questo può aiutare l’azienda a sviluppare nuovi prodotti, servizi o strategie di marketing.
  5. Competizione: In un mercato sempre più competitivo, investire in startup può essere un modo per Mango per differenziarsi dai concorrenti e mantenere la propria posizione di leadership nel settore della moda.

È possibile che l’investimento in startup in attività collegate alla sostenibilità venga percepito come greenwashing? Pensiamo per esempio al caso di Mango.

Sì, se non è sostenuto da azioni concrete e significative per ridurre l’impatto ambientale complessivo del marchio fast fashion. Il greenwashing si verifica quando un’azienda promuove in modo esagerato o ingannevole le proprie pratiche sostenibili allo scopo di migliorare l’immagine del marchio senza apportare effettivi cambiamenti significativi nel modo in cui opera.

Se Mango investe in startup che promuovono la sostenibilità senza fare passi concreti per ridurre l’impatto ambientale della propria catena di approvvigionamento, della produzione e del consumo dei propri prodotti, allora può essere considerato greenwashing. È importante valutare l’impegno complessivo del marchio verso la sostenibilità e verificare se gli investimenti nelle startup sono supportati da azioni concrete e trasparenti. È comunque vero che le grandi dimensioni e la produzione su vasta scala possono rendere più complesso per un marchio come Mango essere seriamente impegnato nella sostenibilità.

Cos’è successo a distanza di un anno?

In marzo del 2023 la notizia dell’investimento di Mango nel renting rimbalza su diversi siti di notizie con clamore per poi perdersi nella rete. Nessun successivo accenno al progetto pilota, se non la notizia data da Modaes in ottobre del 2023 sulla chiusura dell’attività di La Más Mona.

Il noleggio di abbigliamento non ha ancora trovato il suo posto. L’impatto della pandemia e la difficile scalabilità del business hanno portato La Más Mona, pioniere di questo modello in Spagna, a mettere in pausa la propria attività. L’azienda ha chiuso il suo negozio online e i punti vendita fisici a eccezione di quello di Valencia, che opera con un contratto di cessione del marchio.

“Dai tempi del Covid-19 il dress code degli invitati alle nozze è cambiato molto, tanti preferiscono acquistare il proprio look trovando alternative molto convenienti”, racconta Polo Villaamil, fondatore dell’azienda, a Modaes. “Restiamo convinti che la moda circolare crescerà molto in futuro e ora stiamo ripensando la nostra strategia per il futuro”.

Mango Renting ha interrotto l’attività l’estate scorsa. Dopo pochi mesi dal lancio. Tanto clamore per l’apertura, poche notizie sulla chiusura. Cos’è successo?

Anche i servizi di noleggio Infinite Style di Ann Taylor e Style Passport di Banana Republic sono scomparsi.

La profittabilità del noleggio

Secondo Modaes, il mercato globale del noleggio di abbigliamento è cresciuto dell’89,3% dal 2016, raggiungendo nel 2022  un volume di 4,9 miliardi di dollari. Si prevede un’accelerazione della crescita nei prossimi anni, fino a raggiungere i 10 miliardi di dollari nel 2026, secondo Global Data. Per Statista, il volume è passato da 4,7 miliardi di dollari nel 2019 a 5,87 miliardi nel 2022, con una previsione di 7,45 miliardi nel 2026.

Considerando solo il mercato online, secondo Skyquest, è prevista una crescita del noleggio di abbigliamento da 1,23 a 2,56 miliardi di dollari entro il 2031. Stime simili sono quelle di Mordor Intelligence, riportate nel grafico qui sotto.

La società di consulenza Bain stima che nel 2030 il noleggio rappresenterà il 10% dei ricavi di un marchio leader del lusso e che un articolo noleggiato normalmente 20 volte genererà un margine di profitto del 41% (LuxCo 2030). Per Common Objective, mancano dati certi sull’andamento del mercato e, quindi, la possibilità di valutarne la validità commerciale. Oltre al flusso di entrate, attraverso il noleggio i marchi possono testare la durabilità dei loro capi attraverso molteplici utilizzi e la longevità dello stile al di fuori della stagione di vendita originale. Molti marchi aspettano e vedono come si comportano i leader in questa direzione.

Le pressioni sulla sostenibilità, la crisi climatica, la crescente consapevolezza ambientale, la recessione economica e l’incertezza possono:

  • influenzare i comportamenti dei consumatori, spingendoli a cercare alternative più economiche e sostenibili per soddisfare le loro esigenze di moda. Questo potrebbe portare a una maggiore accettazione di modelli di consumo più circolari e condivisi, e a un aumento dell’adozione del noleggio di abiti. Prendere in prestito diventa una scelta più attraente per i consumatori che cercano opzioni più convenienti, offrendo opportunità per le piattaforme di noleggio di crescere e prosperare.

  • spingere le aziende del settore della moda ad adattarsi rapidamente ai cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e nell’ambiente economico. Questo potrebbe significare sviluppare nuove strategie di business, collaborare con piattaforme di noleggio esistenti o avviare iniziative di noleggio interne per rimanere competitive e rilevanti sul mercato.

Nell’epoca del consumismo sfrenato, dove l’abbigliamento è spesso considerato un bene effimero, il noleggio di abiti è un atto di ribellione contro la cultura dello “usa e getta”. Le aziende fast fashion, promotrici di questa cultura, risulteranno credibili nel proporre la scelta del noleggio mostrando di non inseguire solo la profittabilità, ma di voler rallentare la corsa alla produzione e al consumo veloce? E quanto riusciranno a sostenere il renting in termini di durabilità dei propri capi?

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