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Vivere senza shopping: 3 racconti di chi ha provato!

A volte penso che scrivendo qui nella rubrica indirizzi dove acquistare in modo più responsabile possa dare l’impressione di incentivare lo shopping. In realtà condivido il frutto di ricerche di tessuti più ecologici e di siti dove trovare abbigliamento rispettoso delle persone e dell’ambiente con un’altra finalità: perché possano essere utili quando davvero abbiamo bisogno di acquistare, anche per esempio per fare un regalo.


Oggi al posto dei consigli per gli acquisti trovate 3 storie di “un anno senza shopping”! Mi piacerebbe provare, ma temo di non essere in grado di resistere alla tentazione di comprare neppure un paio di mutande: guardando siti a destra e a sinistra, monitorando negozi di vintage e usato, per scrivere di moda sostenibile, è davvero dura!
Da uno studio italiano di Greenpeace emerge che una persona su due non riesce a stare più di un mese senza fare shopping, una su 5 non resiste più di una settimana!
Senza arrivare a uno stile di vita per i più considerato estremo, i racconti di queste esperienze possono essere utili per comprendere le vere ragioni che ci spingono a comprare:perché ne abbiamo veramente bisogno? Per colmare un vuoto? Perché non sappiamo dirci di no? Possono essere utili anche per capire come si possa riuscire in un’analoga impresa o perlomeno in un maggior contenimento degli acquisti per frenare la corsa al consumismo.
Si può avere vita sociale anche se non si spende? Quali sfide affrontare e soprattutto come? Idee e trucchetti per sopravvivere alle tentazioni? Vivere senza shopping è triste?
Ecco le storie di chi ha provato. Buona lettura!

La giornalista Judith Levine nel 2004 ha deciso di rinunciare allo shopping, interessata soprattutto agli effetti sulla vita sociale e l’umore. Un saluto alle carte di credito e via a un anno senza nuovi vestiti, scarpe, regali (tranne fatti a mano), cd, dvd, cene fuori (pranzi e cene soltanto in casa)! Niente di superfluo. Judith e il fidanzato Paul si sono impegnati a non comperare più nulla che non fosse strettamente necessario. È già questo di per sé interessante: se dovessimo cimentarci in un’impresa simile cosa metteremmo nella lista delle cose superflue? Quali invece sono veramente necessarie?
“Chiamarmi fuori dal mondo dei consumi ha comportato vivere in un universo parallelo e non comunicante con quello dei miei amici e delle mie amiche, escludermi da una vita sociale che ormai si esprime attraverso il proprio rapporto con gli acquisti”. “Il consumo è sociale – ossia, avviene all’interno di una struttura più ampia di un singolo individuo o di una famiglia. Ma è anche personale. E una volta soddisfatta la nostra fame ed esserci riparati dal freddo, lo shopping è emozionale. Non c’è modo di approcciare il problema del consumismo in eccesso senza indagare i sentimenti che riguardano il fantasticare, procurarsi e possedere le nostre cose. Le mie cose”.
“Materialmente, sopravviveremo. Questo è l’ultimo dei miei pensieri. Ma mi chiedo, può una persona  avere una vita sociale, comunitaria, familiare, un’attività, una connessione con la cultura, un’identità, persino un sé fuori dal regno degli acquisti di cose ed esperienze?”.
La sua storia è raccontata nel libro “Io non compro nulla” (“Not Buying it, my year without shopping”).

2015 – Kyleigh Kühn, modella americana, il giorno in cui compie gli anni decide “niente shopping per tre mesi” per ridurre sprechi e impatto ambientale. “Ho lavorato in progetti agricoli in Afghanistan with Roots of Peace, da quando ho 18 anni. Nei miei viaggi in paesi straziati dalla guerra, ho incontrato tantissimi bambini fortunati di possedere una sola giacca. È diventato sempre più difficile riconciliare quella realtà con la nostra cultura di evidente consumismo”.
“La nostra sete per nuovi capi di moda sta seriamente disidratando il nostro pianeta – questo settore è il secondo per consumo di acqua nel mondo. E per ogni nuova maglietta che compriamo, rilasciamo circa 200 ml di sostanze chimiche e pesticidi”.
“87 days of vintage” è  il lo nome del suo progetto, che ha deciso di estendere oltre i tre mesi inizialmente ipotizzati. Kühn decide di affrontare la sfida ricorrendo all’utilizzo degli abiti che già possiede. “Secondo me, qualcosa che è stato precedentemente indossato non perde il suo valore”. Anzi. Consiglia come reinventare un capo, trasformarlo anche con l’aiuto di un sarto, tingerlo, donarlo o portarlo in un negozio di seconda mano, eliminando gli accessi nei nostri armadi vestendosi con ciò che già si ha nell’armadio (“puoi accorgerti di avere 15 paia di jeans… Nessuno ha bisogno di 15 paia di jeans!”).
“L’ obiettivo del compleanno era semplice: lo stile vintage ha zero impatto sull’ambiente, supporta i negozi locali di seconda mano e aiuta a contrastare il trend verso una moda usa e getta. Entro i tre mesi di esperimento, i miei amici e io avremo un guardaroba più snello e più verde”.
Anche Wikihow propone qualche dritta:
https://www.goRinnovare-il-Guardaroba-Senza-ogle.it/amp/s/m.wikihow.it/Comprare-Niente%3famp=1

Michelle McGagh, una giornalista finanziaria, ha raccontato nel 2016 sul blog di The Guardian il suo anno senza spendere e ha trasformato la sua storia in un libro, “The No Spend Year: How I spent less and lived more”.
Alla fine del 2015 ha stabilito con suo marito Franck un numero limitato di cose che potevano continuare ad acquistare. “Ho definito regole: pagare mutuo, utenze per la casa, assicurazione sulla vita, donazioni per beneficenza, telefono, internet, prodotti di base per l’igiene (dentifricio, deodorante, sapone e shampoo) e la pulizia (detersivo in polvere). In più, avevo bisogno di mangiare. Abbiamo stabilito un budget di 35 sterline per tutti i pasti settimanali”.
“No biglietti del cinema, no serate al pub, no cibo da asporto o pasti al ristorante, no vestiti nuovi, no vacanze,  no iscrizione in palestra, neanche un KitKat o una cheesecake al supermercato. Ho portato a zero il mio budget per i trasporti”.
Michelle racconta della difficoltà nel provare la mancanza del cinema o di un pranzo fuori e dell’imbarazzo di non poter portare neppure una bottiglia di vino quando un amico ti invita a cena per ringraziarlo. «Ho lavato tanti piatti che non erano miei, nell’ultimo anno». Uno dei momenti più difficili, la rinuncia all’annuale vacanza con le amiche, salutandole all’aeroporto. “Mi sentivo distrutta per il fatto di perdere il viaggio, soprattutto perché una di loro stava tornando a vivere in Australia dopo la vacanza e sarebbe stata l’occasione per passare più tempo possibile con lei prima che partisse. A quel punto ho realizzato che anche i miei amici e la mia famiglia erano coinvolti nella mia sfida e non avevo considerato l’impatto su di loro. Ho sentito anche terribilmente la mancanza dei prodotti di bellezza, soprattutto della crema idratante. Non sono mai stata una patita di prodotti cosmetici ma andare in bici ha lasciato la mia pelle screpolata e secca”. “Mi mancava anche lo shopping di vestiti”.
E poi la scoperta di aspetti positivi. “Ho iniziato a raggiungere qualsiasi luogo in bicicletta, fare picnic nel parco, fare vacanze in tenda, cercare mostre e concerti gratuiti, mangiare i cibi più semplici cucinati in casa, evitando anche la cioccolata, fare ginnastica in casa”. Rinunciando alle serate al pub, ha scoperto la città piena di eventi gratuiti a cui partecipare: proiezioni, assaggi di vino, spettacoli teatrali, grazie a Eventbrite. Mostre, esibizioni artistiche, ingressi gratuiti alle gallerie d’arte. Ha trascorso più tempo all’aria aperta, girando in bicicletta, dormendo in tenda, andando a nuotare. Per la pelle provata dal clima ha scoperto acqua e avena.
“Dopo un anno senza spese, ho capito che davo valore alla sicurezza finanziaria più che al possesso materiale. Non voglio essere forzata a stare nella routine del lavoro solo per pagare il mutuo per le prossime due decadi o per accumulare nuove cose. Ho anche capito che non ho bisogno di oggetti per essere felice. Trascorrere il tempo con le persone che amo mi rende più felice e se ho denaro a disposizione piuttosto lo spendo per loro – come per viaggiare per andare a trovare mio nonno o la mia amica in Australia. A un anno di distanza, ho ridefinito le mie priorità di spesa e trovato un equilibrio”.

E voi, provereste un anno senza shopping?

(Articolo pubblicato anche su ecoscienti.org)

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