• Companies / Aziende,  Dove acquistare,  Fashion/Moda,  Modern slavery / Schiavitù moderna

    Fast fashion and social sustainability during COVID-19: which brands are not paying workers?

    Italiano/English below Puoi ascoltare qui l’articolo: Fast fashion, sostenibilità sociale, COVID Seguiamo con attenzione la situazione nelle fabbriche di abbigliamento, perché la sostenibilità sociale è uno degli aspetti che più ci coinvolge. E ci fa arrabbiare. Quando arrivano racconti di misere retribuzioni, di condizioni di lavoro senza garanzia di sicurezza, di mancato rispetto dei diritti dei lavoratori, di sfruttamento e schiavitù moderna. Racconti che coinvolgono fornitori di marchi fast fashion che, mentre leggiamo dei loro mancati pagamenti, propongono saldi, sconti e promozioni. Con la diffusione del COVID-19, seguiamo ancora più assiduamente la situazione lavorativa di chi prepara per noi, a km di distanza, ciò che arriva nel nostro armadio. In…

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    More sustainable men’s T-shirts: 8 addresses where to find them and why choose them instead of traditional cotton ones

    Italiano/English below Puoi ascoltare qui l’articolo: Magliette uomo Le giornate estive si avvicinano, tempo di maniche corte e di cotone. Si stimano però 2.500–2.700 litri di acqua necessari per produrre una maglietta, principalmente perché la coltivazione del cotone è ad alta intensità idrica, nella metà dei casi in aree in cui le precipitazioni piovane non sono sufficienti per la sua crescita. Oltre a sottrarre una preziosa risorsa agli essere umani, l’utilizzo intensivo di acqua sconvolge gli ecosistemi locali, con conseguenze sulle caratteristiche del suolo e sul mantenimento della biodiversità mettendo a rischio specie animali. Inoltre, la coltivazione di cotone è responsabile del consumo di fertilizzanti, pesticidi e insetticidi tossici, che…

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    It still happens: another company that produces for international brands went on fire causing victims

    Italiano/English below Puoi ascoltare qui l’articolo: Succede ancora È successo di nuovo. Un’altra fabbrica che produce per aziende multinazionali, dopo quella crollata in Bangladesh circa 7 anni fa, è andata a fuoco. La mancanza di sicurezza antincendio nell’edificio è in gran parte responsabile dell’incidente che è avvenuto sabato 8 febbraio 2020 nella fabbrica di Nandan Denim ad Ahmedabad, gestita dal Gruppo Chiripal* che conta tra i suo clienti molti marchi internazionali. Le vittime sono 7 dipendenti, con un’età compresa tra 22 e 47 anni. Sebbene la causa dell’incendio non sia stata ancora comunicata, The Indian Express ha affermato che è iniziato nel reparto camiceria dove erano presenti più di 60 lavoratori, senza…

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    The garment brands involved in the greatest repression of workers in the sector in Bangladesh

    Italiano/English below Puoi ascoltare qui l’articolo: Audio-à-porter – I marchi Il tuo marchio di abbigliamento preferito è complice della repressione? In Bangladesh il nuovo salario minimo entrato in vigore lo scorso dicembre, è di 8.000 Taka (meno di 85 euro) al mese per i lavoratori dell’abbigliamento. Sebbene il salario minimo sia stato effettivamente raddoppiato, è ancora solo la metà di quanto chiesto dai sindacati – e tutt’altro che uno stipendio per vivere. Uno studio condotto da CPD (Center for Policy Dialogue) ha rilevato che il costo della vita complessivo per i lavoratori dell’abbigliamento è aumentato dell’86% tra il 2013 e il 2018. I costi alimentari sono in aumento del 57% e ogni volta…

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    A bikini at the price of a coffee – The “rapid” fashion

    Italiano/English below Missguided, il brand di Manchester, ha lanciato nella scorsa settimana una campagna promozionale per festeggiare 10 anni di empowerment delle donne, proponendo un bikini a 1 sterlina (= 1,1 euro). Le reazioni, come si può immaginare, da parte di ambientalisti, attivisti impegnati a fermare il fenomeno fast fashion e di persone sensibili alle tematiche green e sociali sono molteplici e forti. Il costume consiste in un sopra a triangolo e un sotto con laccetti ed è all’85% in poliestere (un tessuto derivato del petrolio, accusato di rilasciare microfibre nel lavaggio in lavatrice) e al 5% in elastan (fibra sintetica di poliuretano, usata per dare elasticità ai tessuti). Come…

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    What companies respond to a sector study in which it emerges that they do not provide evidence of living wages paid to those who work for them

    Italiano/English below L’edizione 2019 della studio internazionale Tailored Wages, realizzato da Clean Clothes Campaign, analizza 20 aziende nell’industria dell’abbigliamento. L’85% dei marchi risulta dichiarare di essersi impegnato in qualche modo a garantire che i salari fossero sufficienti a sostenere le necessità di base dei lavoratori, ma nessun marchio lo ha messo in pratica per nessun dipendente nei paesi in cui viene prodotta la maggior parte dell’abbigliamento. Nessuna azienda è stata in grado di fornire prove per mostrare che i loro fornitori attualmente stanno pagando salari dignitosi. Lo studio riguarda Adidas, Amazon, C & A, Decathlon, Fast Retailing, Fruit of the Loom, GAP, G-Star RAW, Gucci, H&M, Hugo Boss, Inditex, Levi Strauss & Co., Nike,…

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    The worrying situation of human and labour rights in Cambodia: 20 apparel and footwear companies write to the prime minister

    Italiano/English (see below) 20 aziende di abbigliamento e calzature che si approvvigionano in Cambogia, tra cui Adidas, Nike, Gap, Fruit of the Loom, Esprit, Levi Strauss & Co. e New Balance, hanno scritto una lettera (vedi foto più sotto) al primo ministro cambogiano Hun Sen all’inizio di maggio esprimendo preoccupazione per le violazioni dei diritti umani e dei lavoratori nel paese. “Siamo preoccupati che la situazione dei diritti umani e dei lavoratori in Cambogia rappresenti un rischio per le preferenze commerciali per la Cambogia”, hanno scritto i firmatari della lettera, facendo presente le misure adottate dall’Unione Europea per rivedere i benefici fiscali delle esportazioni cambogiane nel mercato europeo e le analoghe misure nel…

  • Circular economy,  Companies / Aziende,  Dove acquistare,  Events,  Fashion/Moda,  Modern slavery / Schiavitù moderna,  Recycling/Riciclo,  Upcycling/Riuso

    Stories of brands that decided to make the difference – Be The Change Awards (1)

    26 April 2019, it is the week dedicated to initiatives to change the fashion industry and avoid serious accidents like that of Rana Plaza (Fashion Revolution Week). We are in London for the awards ceremony for the winners of the first Be The Change Awards. The project came about as a collaboration between Jo Salter’s ethical clothing brand Where Does It Come From? and Sian Conway’s online community Ethical Hour. “We’ve collaborated before on events and were becoming more and more aware of how much smaller brands struggle to be visible in the market”, says Jo. “They/we work so hard to make positive benefits to communities and the environment and…

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    Uniqlo and Jack Wolfskin do not pay what owned to Indonesian workers in garment factories

    Italiano/English below Accogliamo l’appello di International Labor Rights Forum a sostenere i lavoratori indonesiani nelle fabbriche di abbigliamento. Da quattro anni 4.000 persone che hanno lavorato a Jaba Garmindo in Indonesia hanno combattuto per i $10,8 milioni che sono dovuti in termini di indennità e salari non pagati dopo la chiusura di due fabbriche di abbigliamento. I lavoratori cucivano abiti per i principali marchi internazionali tra cui Uniqlo, uno dei più grandi rivenditori al mondo di moda, e Jack Wolfskin, una compagnia tedesca controllata dall’hedge fund Blackstone Group al momento in cui gli operai erano rimasti in sospeso. Nonostante le pressioni esercitate dai lavoratori indonesiani e la campagna di Clean…

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    Over a million forced to pick cotton: slavery in Uzbekistan and Turkmenistan behind our clothes

    Italiano/English below Anti-slavery si occupa di risolvere le situazioni di schiavitù nel mondo. Tra le sue campagne, quella per fermare lo sfruttamento (anche minorile) nell’industria del cotone, in particolare in Uzbekistan e Turkmenistan.Questi due paesi sono tra i maggiori produttori ed esportatori di cotone nel mondo, che finisce nelle catene di approvvigionamento globali e sugli scaffali di molti negozi. Per produrre questo cotone entrambi i governi repressivi usano sistemi di lavoro forzato su vasta scala.Ogni autunno oltre un milione di cittadini uzbeki e turkmeni sono costretti dal governo a lasciare il proprio lavoro regolare e andare nei campi a raccogliere il cotone.Agli agricoltori viene ordinato di coltivare cotone, altrimenti rischiano…