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Bikini, lingerie, corsetière e brassiere: nel mondo di Carolina Gi – LIVE

Lingerie, corsetière, brassiere: ho un po’ di confusione sui termini, e il blog di Carolina Gi mi fa entrare in questo mondo dell’intimo su misura con curiosità. La possibilità di indossare lingerie che sta a pennello, che non fa soffrire quando la indossi e costruita in modo da far risaltare le tue forme è molto allettante; è così facile acquistare reggiseni che infastidiscono e creano insofferenza! Carolina realizza e insegna a realizzare l’intimo che non ti fa passare le giornate a desiderare di correre a casa a liberartene, o a trovare il reggiseno giusto districandosi tra le misure e i modelli in commercio.

Seguo Carolina su Instagram da anni, finalmente riesco a incontrarla a Roma, per registrare una puntata live del podcast (Pop-up Green).

Ci troviamo in un pomeriggio di giugno, durante il corso che sta tenendo “Crea il tuo bikini” presso il negozio “PuntoPieno”. Con lei ci sono 3 alunne ed ex alunne: Cinzia, titolare di PuntoPieno; Tamara, che ha seguito corsi di cucito con Cinzia; Emma, giovanissima corsista alle prese con il suo primo bikini.

Tamara, io, Carolina, Emma e Cinzia

Puoi ascoltare qui il nostro incontro, in cui parliamo di costumi fai-da-te, intimo su misura, artigianalità e fast fashion. Sai per esempio cos’è una bustaia? O dove si può scoprire la lingerie vintage? O ancora quanto è fattibile far da sé un bikini?

Più sotto riportiamo il testo dell’episodio, dai un’occhiata anche alle foto dei costumi creati!

Per seguire Carolina: Sito; Instagram.

 

Carolina, mi ha colpito subito questa vostra iniziativa “Crea il tuo bikini”. Di che cosa si tratta esattamente, che cosa state facendo in questo corso?

Carolina: “In questo corso aiutiamo le persone che vengono da noi a disegnare un cartamodello base, tagliare la lycra e costruire con la lycra tagliata, applicando l’elastico, un bikini indossabile. In più, nella parte della modellistica cerco sempre di aiutare a capire come modificare le basi per avere delle forme diverse. Per esempio, Tamara usa dei sotto molto piccolini. Nel suo caso abbiamo creato una cosa un pochino più alta, però molto sgambata. Partendo da una base si modifica per ottenere il risultato desiderato”.

Volevo proprio chiedere, ci sono dei modelli predefiniti oppure venendo al corso si può scegliere un modello in base alle proprie forme?

Carolina: “Allora avendo la base si possono fare delle modifiche. Questo è un corso che prevede come sopra il triangolo. Si possono fare modifiche partendo dal triangolo: una fascia un po’ più lunga, si possono fare in maniera diversa con la cucitura, senza cucitura eccetera. Però sostanzialmente è quello, perché purtroppo la modellistica della coppa con il ferretto è tutto un altro mondo”.

Invece il sotto si può modificare, più piccolo come per Tamara.

Carolina: “In realtà anche per il sopra si possono fare le modifiche. Per esempio, la coppa a triangolo invece che con la cucitura arricciata, con la pence, con l’imbottitura dentro, è comunque un’alternativa”.

Com’è nato questo corso sui bikini?

Carolina: “Ci conosciamo da tempo, lei (Cinzia) faceva già dei corsi. Ci siamo dette di volere organizzare insieme qualcosa di diverso”.

Perché il bikini?

Carolina: “È uscito fuori per colpa sua! (di Tamara).

Tamara: “Non ho la stessa taglia sopra e sotto. La taglia più grande di quelle in commercio non mi va bene, ho iniziato a far fare costumi da ragazze che creano su misura. Quando ho cominciato a cucire mi sono detta: ‘Perché io non me lo posso fare da sola?’.

Carolina: “Quel giorno c’era lei, e abbiamo detto: ‘Che facciamo?’.  Per me è fondamentale avere la possibilità di insegnare a fare le cose sulle proprie misure. Infatti, questo non è un corso sul taglio. Usi le tue misure personali. Da lì abbiamo sviluppato l’idea, siamo in estate, quindi il bikini”.

Quante lezioni avete fatto finora?

Carolina: “Quattro lezioni di due ore e mezza. Siamo alla terza lezione. Lei (Emma), il sopra lo ha già finito. Siccome va veloce faremo una variante con la coppetta all’interno”.

Perché far da sé un bikini invece di comprarlo?

Carolina: “Intanto la soddisfazione di creare qualcosa con le proprie mani, che non fa più nessuno. Siamo in un mondo che è abituato ormai a comprare, usare, buttare.  Non c’è più la concezione di quello che c’è dietro, non si sa come funzionano le cose. E non c’è proprio più neanche l’abitudine alla manualità. Ecco, manca anche la pazienza, non siamo più abituati alla pazienza, siamo tutti in questo circuito del ‘tutto subito’. Invece la manualità ti spinge a capire che ogni cosa ha il suo tempo, il suo ritmo. Può capitare di scucire, di ricominciare, però poi hai qualcosa di finito che puoi dire ‘l’ho fatto io!”.

Che non ha prezzo! Ti chiedo se hai un consiglio per chi vuole provare a fare da sé.

Carolina: “La pazienza. Fare da sé. Dico sempre di provare. Oggi su YouTube, su Internet in genere trovi veramente un sacco di cose. Sicuramente arriva un momento in cui devi avere una guida, se tu quel che tipo di lavoro non lo hai mai fatto. Se fai qualcosa di diverso che non hai fatto, dico di provare, se vedi che ti piace devi incontrare qualcuno che ti dà almeno delle linee guida, almeno le basi, e poi da lì vai avanti”.

Per fare le cose precise e corrette. Come Emma, che ha iniziato da sé a fare, provando, e dopo ha sentito la necessità del corso.

Carolina: “Certo, per esempio, anche restando nel corso dei costumi, sapere come mettere i pezzi sulla lycra… Perché è vero che è un tessuto elastico ma ha una sorta di senso da prediligere”.

Chi è che può fare questo corso?

Carolina: “Il corso è per una persona che sa già un po’ cucire. Perché devi imparare a cucire un tessuto che è un po’ ostico, diciamo. Perché è elastico, la maggior parte delle volte è fatto in poliestere e nylon, quindi è anche proprio difficile cucire a livello meccanico: le macchine la odiano! Ci vuole almeno conoscere come funziona il tessuto e quindi già saper cucire il tessuto. Poi non è importante sapere il modello perché la modellistica la insegno qua”.

La difficoltà è più il tessuto, giusto?

Carolina: “Sì, e l’elastico”.

Quindi bisognerebbe avere un po’ di manualità con il tipo di tessuto. Una persona che ha anche solo delle conoscenze base ma ha molta manualità, può andare bene, che è il caso poi di Emma.

Carolina: “È il suo caso. Ha fatto un corso di base con Cinzia che evidentemente le ha consentito di prendere confidenza con il tessuto. Ci ha portato a far vedere delle cose che fa già in autonomia”.

Sì, oggi abbiamo qua con noi una studentessa di eccellenza, dicevamo prima, che si è distinta nel corso base fatta con Cinzia.

Cinzia: “È stata bravissima”.

Come ti chiami?

Emma: “Mi chiamo Emma. In realtà già da prima usavo la macchina da cucire, però sempre cose che facevo io, niente di insegnato da nessuno. Giusto un pochino. Mia nonna mi ha regalato una macchina da cucire per i miei 18 anni e da lì ho cominciato a smanettare un po’. Però poi passati un po’ di anni ho detto: ‘Ma io continuo a fare queste cose un po’ di base, brutte’. Quindi mamma mi ha regalato questo corso base per imparare proprio l’ABC”.

Emma durante il corso
È un bel regalo! Poi ti sei distinta per le tue capacità e hai potuto frequentare il corso più avanzato. Adesso l’abbiamo caricata di aspettative! Una pressione ora veramente! Fai tranquillamente come se noi non ci fossimo.
Chiedo anche a voi. Come mai avete iniziato questa avventura del cucito?

Cinzia: “Sono Cinzia, sono la titolare di PuntoPieno. Ho aperto questo posto circa due anni e mezzo fa, a dicembre del 2020, in piena pandemia. C’è qualcuno che dice: ‘Eh, coraggiosa!’, io forse direi incosciente, però comunque sono ancora qui, ringraziando il cielo. Mi piace tantissimo insegnare a cucire, amo cucire, l’ho sempre fatto. Mentre facevo i classici lavori di segretaria, assistente di direzione, appena avevo un attimo libero cucivo a casa oppure seguivo corsi di cucito anche di livello piuttosto elevato, in una sartoria professionale. Questo mi ha permesso di essere una sarta a tutti gli effetti, ma soprattutto di specializzarmi nell’insegnamento”.

Quindi era un piano B, un passatempo che alla fine è diventato un lavoro.

Cinzia: “Nel 2017 purtroppo l’azienda per la quale lavoravo ha avuto una grande crisi e sono stata licenziata. Mi sono chiesta: Che faccio? Cerco un altro lavoro da assistente di direzione o mi butto? Mi sono buttata e dal 2017 alla fine del 2020 sono riuscita a realizzare questo progetto così impegnativo. Ho conosciuto Carolina in un’associazione di imprenditoria femminile che si chiama Rete al femminile. Anche a I mercoledì della mansardina. Quando si ha stima reciproca è facile che nasca la voglia di lavorare insieme. L’ho invitata qui a tenere un corso pilota, in cui io e Tamara eravamo due allieve. Tamara è una mia allieva di lungo corso, che praticamente è piantata qui in sede stabile con mio grande piacere”.

Tamara: “Tra un po’ ho la residenza qui, arrivano i documenti!”

Cinzia: “Abbiamo fatto il primo corso pilota, ci è piaciuto tantissimo, abbiamo rivisto un la tempistica, i materiali necessari in modo da poterlo offrire nel migliore dei modi a tutti e l’abbiamo riproposto adesso a giugno. Speriamo di riuscire a riproporlo anche a luglio”.

Bikini cucito da Cinzia
Sì, perché queste cose vanno incentivate!

Cinzia: “L’autoproduzione arricchisce l’autostima, ci fa fare nuove connessioni, arricchisce la creatività. Autoprodurre, qualsiasi cosa. Ovviamente io amo cucire, sono in questo ambito, però l’autoproduzione è veramente una marcia in più”.

Cosa fai con gli scarti dei tessuti?

Cinzia: “Con gli scarti dei tessuti durante i corsi, anche semplicemente nella mia produzione, c’è una certa quantità di tessuto che viene scartato. Cerco sempre di recuperare e di riutilizzare tutti i pezzi per cui realizzo dei piccoli oggetti che possono tranquillamente essere utilizzati”.

Del corso pilota, cos’è che più ti è piaciuto e che ti ha fatto dire: “Questo è un corso da replicare”? Qual è la cosa più bella del corso che avete fatto?

Cinzia: “La sensazione di avere il prodotto finito. Allora io cucio già da diversi anni, l’esperienza ce l’ho. Devo dire che la lycra un po’ di nervosismo me l’ha creato. Non è così facile da cucire. Ovviamente con tutti gli accorgimenti e gli insegnamenti di Carolina, sono già arrivata al terzo bikini! E ho decisamente intenzione di cucirne altri. La cosa che mi è piaciuta di più è proprio avere tra le mani il primo bikini. E desiderare subito di farne un altro, e poi un altro ancora. Questa è una cosa che mi è piaciuta senza dubbio di più”.

Carolina: “Diciamo che durante il corso non era proprio così felice! ‘State tranquille, arriviamo alla fine’, dicevo”.

Tamara: “La lycra è un brutto impatto. Durante il corso ci sono stati momenti in cui guardavo Cinzia e dicevo: ‘Ma io posso continuare tranquillamente a comprarli! No, perché me li devo fare da sola??? Faccio altro da sola, già cucio faccio altro! In realtà è vero quello che dice Cinzia. Il primo bikini, con tutti i limiti del caso, non può essere perfetto, ma al di là di tutto, ho scelto male anche la lycra. È giusto che la scelga Cinzia, non era una lycra ‘carina da cucire’. L’ha ammesso persino Carolina. È una difficoltà in più. Quindi, tolto questo ostacolo del primo bikini, abbiamo comprato la lycra insieme, abbiamo fatto insieme il secondo bikini in autonomia e… Effettivamente sono scesa in spiaggia che indossavo questo bikini (ne ho tantissimi, ne ho un cassetto pieno) secondo me era il bikini più bello. Dopo ti viene voglia di duplicarli. Mi aveva detto: ‘Se vuoi in un futuro puoi aggiungere la coppa’. Nel terzo bikini ho messo le coppe ed è andata benissimo”.

Ho visto prima una foto in cui lo indossavi, poi non so adesso se possiamo pubblicarla per far vedere il risultato finale, bello! Si vede proprio che cade a pennello.

Tamara: “A me piace quello. Al di là dell’estetica del bikini, il mio dubbio più grande era: ‘Fatto il bikini, se lo indosso l’effetto è simile a quello che compro?’. In realtà devo dire di sì. Non lo so, a me piace in modo particolare, perché ovviamente nel momento in cui interviene il fatto che l’hai fatto da solo cha un valore. Questo qua l’ho finito ieri e non vedo l’ora che venga domani solo per mettermi il costume nuovo”.

Mi fai fare una riflessione, sai?, su questo. Perché secondo me il fatto anche di autoprodurre, che dà soddisfazione. Serve anche come antistress, ci sono una miriade di ragioni, si possono scegliere i materiali, magari anche di recupero. Avendolo fatto noi, dandogli un valore diverso rispetto a quello comprato, tocca un aspetto della sostenibilità a cui tengo tanto. Proprio quello di far durare il più possibile le cose che abbiamo, giusto Carolina?

Carolina: “Certo, intanto quando uno si cuce qualcosa lo fa con i tessuti che preferisci. Magari di qualità, perché è chiaro che se vai a comprare delle cose già fatte trovi il tessuto che usano, che non è sempre il massimo, lo sappiamo. Invece facendolo da solo puoi trovare il tessuto anche di qualità. Se una cosa l’hai fatta bene, tagliata bene, che ti sta addosso bene la conservi. La usi e ti basta poco per renderla sempre nuova. La puoi anche modificare se nel tempo aumenti, diminuisci o se vuoi cambiare qualcosa dello stile. Sul capo che hai fatto da sola puoi sempre intervenire. Con un capo che compri, che non ha margini di cucitura, che è fatto con dei tessuti scadenti, non è che puoi intervenire più di tanto”.

Bikini creato da Tamara
Questa cosa dei materiali, avevo piacere anche di toccarla perché probabilmente qualcuno che poi ascolterà il podcast o leggerà l’articolo conoscendomi penserà: “Ma stai parlando di materiali come il poliestere, la lycra, i materiale sintetici?”. Ne parlo e mi piace raccontare di questo progetto. A parte trovare delle alternative, come può essere quella di recuperare stoffe vecchie.

Carolina: “I costumi, per esempio, o altre cose che si possono recuperare. Perché gli elastici purtroppo nel tempo decadono. Se arriva il momento si sbriciolano, durano un po’ di anni, ma effettivamente si può riutilizzare il tessuto. Adesso si trova anche la lycra riciclata”.

Ecco, perfetto no? Stanno studiando anche nuovi materiali. A parte che adoro il recupero.

Carolina: “Mi faccio il costume che dura tutti gli anni che voglio”.

Un conto, invece, è acquistare da un brand fast fashion il vestito 100% poliestere che magari metto due mesi e poi lo faccio diventare un rifiuto tessile.

Emma: “A proposito di Shein e le varie catene di fast fashion, è una cosa che mi sta molto a cuore, perché io sono tipo 4-5 anni che non entro più in questi negozi”.

Fossero tutte come te, una soddisfazione sentire così!

Emma: “Ormai ci sono tantissime alternative. Mercatini, mercati, quei siti tipo Vinted e di compravendita dell’usato. Mi sono resa conto adesso, dopo tanti anni che compro soltanto cose usate, vintage, dagli armadi di mamma, di nonna, quando entro là proprio toccando i tessuti, che è una qualità pessima. E non solo. Proprio facendo questo corso mi sono resa conto di quanto è sia impossibile che un pantalone costi 10 € su Shein! Perché soltanto il tessuto, l’ho pagato 30 €, poi devi mettere la manodopera”.

Tamara: “In teoria anche l’energia che usi per la macchina. Ma infatti chiunque non cucia non si rende conto. Per esempio, l’altra volta ho fatto il pantalone, adesso sto facendo una tuta, 2,20 metri di stoffa. Se la stoffa sta intorno ai 20 € al metro solo di stoffa sono più di 50 €”.

Emma: “Sicuramente sono processi molto più veloci di quelli fatti a mano, perché è tutto industrializzato eccetera. Però è chiaro che è inevitabile che il lavoratore è sottopagato, o anche non è pagato proprio, perché altrimenti non è proprio sostenibile!”

Secondo me questo tipo di attività serve proprio a capire il lavoro che c’è dietro, che poi andrebbe fatto in realtà con ogni prodotto, oggetto che noi compriamo. Perché abbiamo perso il contatto forse con la parte di produzione. Non sapendo cosa sta dietro tendiamo molto a sottovalutare, non riusciamo a dare un valore economico.

Cinzia: “Infatti l’artigianato, oltre alla sartoria, quando uno va dalla sarta a farsi fare un abito su misura, si pensa che abbia prezzi assurdi. Non è vero, sono quelli giusti. Perché a parte il materiale, le ore di lavoro che servono e non solo, anche le competenze che noi abbiamo, che ci siamo costruiti negli anni, sono comunque valori aggiunti che noi mettiamo nel prodotto finito e quindi sarebbe giusto ripagarlo adeguatamente. Solo che la differenza qual è? Noi vediamo che siamo messi sullo stesso piano di catene come H&M, come Shein, come Zara. Non c’è paragone eppure veniamo paragonate. Non noi in generale come artigiani, ma proprio il prodotto finale viene paragonato, quando invece è proprio su un altro pianeta. Purtroppo, un prodotto artigianale viene considerato un prodotto di lusso. E non dovrebbe essere così”.

Sì, è quello che spesso racconto, che sia stravolto: il prezzo giusto è diventato caro perché si è abbassato, c’è qualcuno che l’ha tirato molto in giù. Quindi abbiamo perso un termine di paragone corretto, invece questo sarebbe il prezzo corretto.

Tamara: “L’altro giorno parlavo con una mia amica che mi ha detto: ‘Tami, ho comprato un pantalone da Shein. Puzza tantissimo di petrolio, che posso fare?’ Dice che non sa più che fare, l’ha lavato, ha messo il deodorante e continua ad avere l’odore di petrolio. Le ho detto che io non lo indosserei a prescindere. Sai che mi ha risposto? ‘Sai che cos’è? Non ero convinta, ma costava talmente poco che ho pensato che anche se lo metto due volte e lo butto…’. Mi è capitato di andare anche in mercatini, la prima cosa che faccio adesso giro e guardo come è cucito. ‘Mamma questo è tutto storto!’ Praticamente smontavo l’articolo, mi allontanavo.  Adoro i mercatini, ci passo tantissimo tempo. Dopo il secondo mercatino vado da lei (Cinzia) e dico che non comprerò mai più niente!”

Mi viene in mente mia nonna, che ogni volta che le portavo magari qualche cosa e dicevo “me la accorci”, la guardava, girava subito, guardava la cucitura e diceva “Tutto di sghimbescio è cucita!”. Volevo chiedere anche a te, cosa ti è piaciuto di più di fare il corso con Carolina?

Tamara: “Che nonostante tutto la lycra si può cucire! Prima di tutto la possibilità di mettere indosso un bikini fatto completamente da me”.

Quanti ne hai fatti?

Tamara: “Tre”.

E sei pronta a fare il quarto?

Tamara: “Ho già preso la lycra e la prossima settimana comincio il quarto”.

Mi piace molto, sono curiosa di vedere anche il quarto allora.

Carolina Gi non è solo costumi, è anche un altro mondo e io ho accumulato un po’ di curiosità. Mi aiuti in breve a fare un po’ di ordine con i vari termini legati alla tua attività?

Carolina: “In realtà, fanno tutti parte della stessa disciplina. Brassiere non è altro che la parola francese per dire reggiseno. Qui in Italia però indica un certo tipo di reggiseno, che sono quelli poco strutturati. Quasi come la bralette, però mentre la bralette, più in pizzo, è più esteticamente elaborata, la brassiere è un reggiseno senza ferretto, magari di tipo a canottiera o comunque in cotone, più pratico. Corsetière potrebbe essere il corrispondente di bustaia però legato al mondo dei corsetti. Lingerie indica il settore del reggiseno, la sottoveste, il reggicalze, tutto il mondo dell’abbigliamento intimo, però anche qualcosa di più legato al lato più estetico che funzionale”.

Così facciamo un po’ di ordine, non ci chiediamo neanche più cosa sta dietro e se hanno nomi diversi perché c’è dietro anche un’artigianalità diversa. Prima accennavi alla bustaia. Ho letto nel tuo blog che ragionavi proprio sui mestieri che scompaiono.

Carolina: “I reggiseni sono entrati nella nostra storia, la nostra vita non da tantissimo. Non c’erano i negozi dove tu andavi a comprare il reggiseno. C’era la sarta che era specializzata nel settore, la bustaia, che faceva il reggiseno, faceva il body contenitivo, la pancera. Ancora, si facevano le cose su misura. Il negozio pret-à-porter non c’era. Hanno cominciato a esserci i grandi magazzini, ma non è che ci andavano tutti. Anche lì non c’era tutto. Tante persone facevano le cose in casa. Tante andavano dalla sarta, e se volevi qualcosa di particolare dal punto di vista dell’intimo dovevi andare dalla bustaia. C’è una preparazione diversa, hai a che fare con tessuti diversi, con forme e modelli diversi. Se volevi il reggiseno o la pancerina o il busto perché magari volevi stringere un po’ la vita andavi dalla bustaia”.

Possiamo definirti una bustaia moderna?

Carolina: “Sì, uso la parola corsettiere, intanto mi sembra un termine un po’ francese. Non si trova però più. Se vai a cercare, trovi qualcuno che ha mantenuto il nome, magari sono negozi che comunque hanno una certa longevità. Quando però si riferiscono alla bustaia intendono una persona che se tu vai lì, compri il reggiseno e c’è da fare la modifica la fa. Il “su misura” non lo fa. Non sono riuscita a trovare altre persone. Non solo a Roma, neanche in giro per l’Italia”.

E all’estero? Perché scrivevi ‘All’estero è un altro discorso, magari ve lo racconto, questa è un’altra storia’.

Carolina: “Sì, poi non l’ho più raccontata! All’estero, intanto ci sono delle persone che fanno il mio stesso lavoro, però funziona molto di più il fai-da-te. Sono tante persone che vendono il modello in più taglie. Ci sono tanti gruppi dove tu entri e chiedi aiuto perché magari non riesci, perché tu prendi una taglia, quella che si avvicina di più ma c’è da fare il fitting della cosa che sai che devi crearti. In quel caso, se tu non lo sai fare devi farti aiutare. Quindi sono tanti che si aiutano. E poi vendono i set. Ci sono aziende che vendono il pezzo di pizzo, il pezzo di tessuto, gli elastici, le chiusure, i berretti. C’è un mondo enorme, ci sono anche tanti corsi online”.

Carolina durante il corso
Carolina, perché hai scelto questo mestiere?

Carolina: “Vengo da un’accademia di moda, sono stilista, modellista. Per tanti anni mi sono occupata di abbigliamento, sia presso sartorie sia per conto mia privatamente. Poi è arrivato un momento… Sai quelle cose che hai davanti, ma non le vedi? Un giorno ero sul disperato andante, ho detto: ‘Basta non ce la faccio più, vado a cercare dei reggiseni per me e non li trovo mai (ho una misura importante). Ma perché non te lo fai da sola?”. Mi si è la accesa la lampadina. In realtà ho sempre avuto un grande amore per la lingerie e per la corsetteria. Già i corsetti sono leggermente diversi dalla lingerie, un mondo parallelo, bellissimo che amo alla follia, però è un po‘ diverso. Quindi, ho cominciato a sperimentare, a cercare informazioni, a vedere persone, a parlare. Insomma, piano piano ho comprato i libri di modellistica. In Italia corsi non ce ne sono. Essendo già modellista per me era più facile. Se non hai le basi è un pochino più complicato, soprattutto perché, appunto, in Italia non ci sono scuole. Mi piacerebbe fare una scuola dove imparare a fare lingerie, corsetteria. Adesso qualche ragazza si è messa a fare qualcosa, però sono sempre limitati, non arrivano mai veramente al su misura. Sono sempre del su misura, su taglia, sempre delle cose standardizzate. È difficile quindi riuscire esattamente a risolvere quel tipo di problema”.

Cinzia: “Intanto però si potrebbe fare qualche corso qui”.

Pensiamo in grande, partiamo dal piccolo, e intanto nel lungo termine…
Secondo te, in questa società che è dettata da ritmi frenetici anche nel consumo, dalla corsa al possesso di capi in base al marchio, dalla perdita di vista della rilevanza della qualità a favore invece della quantità, secondo te, sottovalutiamo, per ignoranza, l’importanza di indossare l’intimo su misura?

Carolina: “Sì, soprattutto nel settore dei reggiseni. Siamo portati a pensare che compriamo un reggiseno, ce lo facciamo entrare e abbiamo risolto. Peccato che non è così. Un reggiseno deve sostenere un certo modo, non ti deve far male quando le indossi, non ti deve far venire mal di schiena. Ha una struttura. Tornando al discorso di prima, per esempio, magari andavo a cercare nei negozi, trovavo la quinta Coppa D per me, l’allaccio e ho risolto! Però dopo due giorni non mi andava più bene, perché la coppa non era quella giusta, il sottoseno, la fascia non era quello giusta”.

Lingerie vintage, una tua passione. Che cosa ti piace in particolare della lingerie vintage? C’è qualche pezzo che ti fa sentire questa passione?

Carolina: “Sono cresciuta con quei film meravigliosi, stile Hollywood, anche italiani, con Sofia Loren, con tutte le attrici più famose, più conosciute in tutto il mondo. Spesso venivano rappresentate nei film in scene romantiche con la vestaglia, la guêpière, il reggicalze. Ho quei riferimenti che erano obiettivamente molto belli, sono innamorata di quella estetica. Mi piace cercare dalle foto alle informazioni. Ogni tanto mi diverto a riprodurre per esempio un reggiseno seguendo un modello. Avevo un libro solo di modelli, sono delle foto con il disegno su carta millimetrata, per cui si poteva rifare esattamente della stessa misura e così ho fatto, sono riuscita a rifare quelle cose. Riportare il reggicalze, riportare la guêpière, queste cose qua, perché no?”.

Ti chiedo invece se hai un libro da consigliare per scoprire la lingerie vintage.

Carolina: “Più che un libro ti do due siti, ok? Uno è un sito che in realtà si entra con un abbonamento, ma ha tantissimi articoli anche accessibili gratuitamente: Foundation Revealed. Si trova tutto quello che riguarda soprattutto dai corsetti ai costumi. È una grande comunità anglosassone che ama i costumi, ama il riproporli e ricrearli, tutto quello che si indossava sotto, cioè sono veramente ricostruzioni storiche molto molto particolari. Un altro sito meraviglioso è Underpinning museum. Una con questa passione ha fatto un crowdfunding e ha messo su questo museo dove ci sono tutti i capi vintage, di tutte le epoche, e continua ad aggiungerli. Alcuni sono riproduzioni, altri sono originali. È un museo virtuale. Non mi ricordo se sono inglesi o americani. È veramente un archivio di fotografie meraviglioso, pieno, pieno di modelli spettacolari”.

Bello! Grazie per il consiglio, andremo a curiosare. Vengo a delle idee per i corsi. Non si trovano più i bei body di una volta. Mi sono trovata, da 2-3 anni almeno, con un desiderio di quei body molto molto femminili. Un corso per farli?

Cinzia: “Faremo tutto!”.

Carolina: “Qui andiamo sul difficile!”.

Piano, piano, di arrivare a farne uno di quelli mi piacerebbe tantissimo, magari iniziando da un modello più semplice. Quando si viene qua a cucire ci sono le macchine a disposizione?

Carolina: “Lei (Emma) si è portata la sua, l’ha Impostata perché così a casa parte già da ‘per fare questa cucitura, facciamo con questo punto questa tensione eccetera, per fare quest’altra cucitura facciamo quest’altro punto con questa tensione eccetera’. Però ci sono anche, delle macchine a disposizione. Nel corso pilota abbiamo usato tutte le macchine che abbiamo qui in laboratorio per capire quali fossero i settaggi migliori in base a ciascuna macchina, l’ago giusto, la dimensione del punto, il tipo di filo da usare. Noi invitiamo nel caso in cui si volesse poi cucire anche a casa, magari se si ha la possibilità di portare la propria macchina, perché è un settaggio particolare, allora vale la pena”.

Uno lascia il mondo fuori. Si mette lì, pensa a cucire. C’è la tisana, un biscotto. A me piace moltissimo questa dimensione, cioè, non è solo il corso di per sé. Si viene qua, si chiacchiera, che non è solo ‘ti fai il costume’, ma si crea un mondo, una rete di persone con cui stare.

Tamara: “Effettivamente ti si apre un mondo. Le prime volte avevo bisogno di Cinzia, ho sempre bisogno di Cinzia però adesso riesco a capire. Non ho chiamato Cinzia e le ho detto: ‘Devo fare il porta spazzolino elettrico’. Ho chiamato Cinzia e le ho detto: ‘Tra le stoffe impermeabili, quale mi dai?’.”

E poi lei dà i consigli sulla stoffa.

Tamara: “Sui consigli per le stoffe devo essere sincera: io che giro abbastanza per stoffe, stoffe, belle come qui da Cinzia non le ho mai viste. La qualità, la scelta è veramente qualcosa di particolare”.

Cinzia: “Quando posso cerco anche di scegliere tessuti totalmente o in parte riciclati. Una cosa che dico sempre è che viene demonizzato molto il poliestere, ed è vero, assolutamente vero, però non è che purtroppo il cotone abbia un impatto particolarmente basso”.

Un altro bikinii creato da Cinzia
Con me sfondi una porta aperta, non c’è il tessuto perfetto, però molte persone pensano: “È naturale!”, in realtà naturale non vuol dire che sia sostenibile. in realtà non esiste. Il poliestere ha pro e contro, il contro ovviamente è perché viene dal petrolio. Il pro è che non utilizza tutta l’acqua che viene usata per il cotone. Non si può demonizzare un tessuto piuttosto che un altro.

Carolina: “Il mio, tra l’altro, è un settore dove è difficile dire: ‘Cuciamo sostenibile’, perché per esempio i tessuti naturali sono pochi quelli che si possono usare. Chiaramente, secondo il sentire comune, la maggior parte dei tessuti utilizzati nella lingerie è poliestere. Chiaramente ormai è demonizzato, però anche lì sì, aspetta. Ti dà delle caratteristiche che ti aiutano a indossarlo in un certo modo, è duraturo, perché comunque prima che rovini una cosa ce ne vuole”.

Per questo è importante che piaccia molto, per tenerlo a lungo.

Tamara: “Sto a contatto molto con i giorni, il mio lavoro e questa cultura non ce l’hanno”.

Cinzia: “Tranne Emma!”

Tamara: “Lei veramente è un caso raro!”

Emma è la nostra perla.

Tamara: “Anche i miei allievi e non solo, anche la generazione subito prima come quella di mio nipote, sono cresciuti con la possibilità di comprare a basso costo e avere mille alternative. Quando ero più piccola è vero che magari compravo lo stesso, però era molto più costoso a prescindere e non avevi tutta questa varietà che ti permetteva di avere un prezzo così accessibile. Anche se a me il maglione, il pantalone mi costava abbastanza era una scelta più consapevole. Ormai se vai nei negozi la maglietta costa 10 €, se non sei convinta la compri lo stesso”.

Carolina: “Diciamo che all’industria viene 2 € al metro questo tessuto. Poi c’è il filo, la corrente, la fodera, i bottoni, la chiusura lampo. Ci aggiungiamo 5 €”.

Non ci sta proprio il conto, non ci si sta.

Tamara: “Però la stoffa è quella che mi porta via più soldi nel progetto”.

Più le ore di lavoro.

Tamara: “Il lavoro va quantificato”.

Cinzia: “Il lavoro nel senso quanto tempo ci metti a fare la cosa”.

Tamara: “Ieri una ragazza mi ha fatto: ‘Che bello questo! Beh, quanto ci metti a fare i pantaloni?’ Non è quanto ci metto. Compri la stoffa, compri il filo”.

Emma: “Qui non è solo ‘compri la stoffa’. È ‘scendi, mettiti in macchina, vai a prendere la stoffa, sceglila”.

Che è la stessa cosa che fanno i brand più piccoli.

Emma: “Sono fortunata perché ho studiato scultura e installazione quindi so proprio il valore delle cose fatte a mano, poi avevo anche mia nonna che cuciva. Quindi anche l’importanza del prendere le cose usate. Tutti lavori che faccio, anche scultura, cerco sempre di avere meno sprechi possibili, usare meno plastica possibili, elementi naturali. Anche in quel campo, che è difficilissimo.

Nonna vuole una mano a modificare un costume!”

Cinzia: “Adesso le dai tu una mano, al contrario!”.

(Emma mostra il bikini che sta cucendo). Tutte: “Wow. Che Bello, molto bello!”

Bikini cucito da Emma

Cinzia: “Posso dirti una cosa? A me il primo bikini non è venuto così bene! Il mio era molto più ondulato”.

Carolina: “Infatti stavo per dire: ‘Chiedi un po’ a loro com’era!’ Ti garantisco che per essere il primo bikini sta venendo benissimo!”.

Adesso una curiosità: non riesco ancora a cucire dritto!

Cinzia: “Ok, vieni a fare una lezione con me!”

Proprio niente, non riesco. È la cosa che mi manca!

Cinzia: “Guarda, in realtà ti manca il punto di riferimento. Quando sei in automobile, quello che ti fa andare dritto è seguire con la coda dell’occhio le strisce. Su una strada deserta sono le linee che ti permettono…, infatti quando non ci sono in una strada di campagna, è solo asfaltato per esempio, c’è difficoltà a mantenere la propria carreggiata. Quando si cuce è un po’ la stessa cosa. Quando si cuce bisogna scegliere un punto di riferimento, che sia il bordo piedino, le tacche sulla placca ago, un guidalinee, un punto di riferimento”.

Mi piacerebbe venire a fare il corso!

Cinzia: “Bene!”

Grazie per questo pomeriggio insieme! Mi piace pensare che un mestiere come quello della bustaia non stia scomparendo, che sia qualcuno/a che continuerà ad appassionarsene e a raccontarne la bellezza, magari imparando proprio da Carolina, incuriosito/a dalla sua intervista e dal blog. Ci meritiamo di indossare un intimo comodo e bello!

Sito di Carolina Gi; Instagram

Foto: in copertina, Riccardo Scrocca; Carolina Gi, Cinzia, Tamara, Emma.

 

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