
L’essenziale: un approccio chiave per una moda sostenibile
Perché la moda sia realmente sostenibile è sempre più evidente quanto sia necessario limitare la produzione e il consumo di abbigliamento all’essenziale. Uno studio di Zero Waste Europe (2023) spiega l’impellenza di un approccio del contenimento del superfluo per far fronte ai rischi che corre il nostro pianeta.
Secondo il quadro globale Kunming-Montreal sulla biodiversità (Global Biodiversity Framework), la principale causa di perdita di diversità biologica può essere individuata nell’uso di risorse del pianeta. Per questo motivo, il quadro pone l’obiettivo di ridurre in modo equo l’impronta globale dei consumi, incluso il dimezzamento dello spreco alimentare e una significativa diminuzione del consumo eccessivo e della produzione di rifiuti entro il 2030. L’Europa, vincolata dal quadro normativo, si impegna verso un percorso di autolimitazione collettiva. Questo implica la necessità di contenere la produzione per evitare il superamento dei limiti planetari, assicurando che gli incrementi di efficienza non conducano a un aumento insostenibile del consumo di risorse.
“L’impatto ambientale del consumo di un cittadino medio dell’UE è al di fuori dello spazio operativo di sicurezza per l’umanità, per diversi impatti, vale a dire il cambiamento climatico, il particolato, l’eco tossicità dell’acqua dolce e l’utilizzo delle risorse (combustibili fossili, minerali e metalli)”.
Sanyé Mengual e Sala, Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea, 2023
Il Material Footprint (l’impronta dei materiali) pro capite dell’UE è oggi superiore a gran parte del resto del mondo, e tra il 40 e il 70% più alto delle stime disponibili di un livello sostenibile, che sia sostanzialmente coerente con la limitazione della pressione ambientale entro i confini planetari (Meysner e Gore, Ieep, 2022).

La sovrapproduzione e lo smaltimento inappropriato dei vestiti contribuiscono alla crisi planetaria. Inoltre, il consumo eccessivo, alimentato dal modello di business dominante dell’industria della moda, è al centro delle crisi climatiche, ambientali e di inquinamento. Per questo motivo è necessario agire sui livelli sia di produzione sia di consumo. In pratica, dobbiamo scegliere l’essenziale sia nella produzione sia nel consumo.
“Se una maggiore efficienza dei materiali attraverso la longevità, il riutilizzo o il riciclo non si traduce in una riduzione del consumo complessivo, l’economia circolare ha perso la sua ragion d’essere” (Zero Waste Europe 2023). Un’economia circolare non basta: è necessario consumare meno (Wijkman e Potochnik, The New Statesman, 2023).
È lo stesso messaggio lanciato dal British Fashion Council (BFC) che, sulla base di un rapporto dell’Institute of Positive Fashion (IPF), ha chiesto al governo, all’industria della moda britannica e ai consumatori di lavorare tutti insieme per “ridurre massicciamente” il numero di nuovi vestiti che le persone acquistano ogni anno. L’obiettivo è diminuire la domanda di nuovo abbigliamento del 50% (Moore, Circular Online, 2021).
Il problema del consumo
Nell’Unione Europea, l’impatto ambientale del consumo eccessivo è evidente nella quantità insostenibile di risorse naturali utilizzate per soddisfare le richieste. La sovrapproduzione e la crescente impronta europea di materiali hanno contribuito alle crisi planetarie, compreso il cambiamento climatico e l’inquinamento.
Secondo Zero Waste Europe (2023), le dimensioni della sovrapproduzione e del consumo di moda sono impressionanti. A fronte di un acquisto di 26 kg di prodotti tessili, ogni anno l’europeo medio genera circa 11 kg di rifiuti tessili, che finiscono principalmente in discarica o inceneriti: solo l’1% dei capi usati è riciclato in nuovi capi di abbigliamento (European Parliament 2020).
La nostra ossessione per il consumo contribuisce al problema. “Ogni minuto della pubblicità quotidiana ci dice che la nostra salute, felicità e benessere dipendono dal possesso di una vertiginosa gamma di prodotti. A quanto pare abbiamo bisogno di aggiornare il nostro guardaroba, l’arredamento della casa o l’auto con una regolarità spaventosa. La pubblicità ci assicura sempre più che possiamo apportare questi cambiamenti senza causare danni al clima o alla natura, scegliendo opzioni ‘rispettose dell’ambiente’ – un veicolo elettrico invece di un’auto a benzina o diesel, per esempio” (Wijkman e Potochnik, The New Statesman, 2023).
La moda, spinta da una costante persuasione al consumo attraverso pubblicità digitale e social media, è una componente significativa del consumo eccessivo che alimenta le crisi climatiche, ambientali e di inquinamento.
Comprare la “giusta quantità”
Per affrontare questo problema, il primo passo è generare una cultura della sufficienza, cercando di limitare l’acquisto continuo di nuovi capi alla moda e disincentivando il consumo smodato (Zero Waste Europe 2023).
L’autolimitazione collettiva, contenendo la produzione primaria, è vista come una soluzione per evitare il superamento dei limiti planetari: dobbiamo comprare di meno e far durare di più.
Il dominante modello di business dell’industria della moda si basa sulla persuasione ad acquistare continuamente nuovi capi di tendenza. Nei nostri acquisti è necessario limitare il superfluo e concentrarci su ciò che è veramente necessario.Tuttavia, quantificare la sufficienza dell’abbigliamento e determinare quanti capi “bastino” è una sfida ancora in corso.
Secondo una recente ricerca sui “corridoi” di consumo per la sostenibilità nella moda, un livello di consumo sostenibile è rappresentato da circa cinque nuovi capi di abbigliamento per persona all’anno (Zero Waste Europe 2023).
Quanto è abbastanza? Due ricercatori svedesi, Göran Bäckstrand e Lars Ingelstam, hanno provato nel 1975 a rispondere a questa domanda in un articolo intitolato “Hur mycket är lagom?” (Wijkman e Potochnik, The New Statesman, 2023). “Lagom” è un termine svedese che si traduce approssimativamente in “la giusta quantità” o “sufficiente”. Incarna l’idea di equilibrio, moderazione e contentezza. È un concetto profondamente radicato nella cultura svedese e riflette uno stile di vita che evita gli estremi. Può essere declinato in:
- Moderazione; Lagom incoraggia un approccio equilibrato e moderato a vari aspetti della vita, tra cui lavoro, socializzazione e consumo. Si tratta di trovare una via di mezzo senza eccessi o carenze.
- Comunità e uguaglianza; Lagom si estende alle interazioni sociali e promuove un senso di comunità e uguaglianza.
- Sostenibilità; il concetto si allinea con la vita sostenibile, sottolineando l’importanza di utilizzare le risorse in modo responsabile e di non indulgere negli eccessi. Risuona con la coscienza ambientale e l’idea di lasciare un’impronta ecologica minore.
- Equilibrio tra lavoro e vita privata; Lagom si riflette nell’approccio svedese all’equilibrio tra lavoro e vita privata.
- Contentezza; Lagom è associato alla contentezza e alla soddisfazione per ciò che si ha. Incoraggia le persone ad apprezzare e sfruttare al massimo il momento presente senza lottare costantemente per ottenere di più.
- Processo decisionale; in vari aspetti della vita, Lagom si riflette nel processo decisionale. Si tratta di considerare ciò che è appropriato o sufficiente in una data situazione piuttosto che optare per gli estremi.
Sebbene Lagom sia profondamente radicato nella cultura svedese, i suoi principi hanno guadagnato l’attenzione internazionale come filosofia guida per uno stile di vita più equilibrato e consapevole. Ancora oggi ci interroghiamo sulla “giusta quantità” di risorse, minerali e materiali che estraiamo dalla Terra per trasformarli in prodotti di cui potremmo o meno aver bisogno (Wijkman e Potochnik, The New Statesman, 2023).
Un cambio di mentalità
La transizione verso una moda sostenibile richiede una riflessione profonda sul concetto di essenzialità. Limitarsi all’essenziale non riguarda solo la riduzione dei consumi, ma anche un cambiamento radicale nella mentalità dei consumatori e nell’industria stessa.
È necessario promuovere nuovi valori che sfidino il concetto tradizionale di successo e incentivare modelli di consumo basati sulla cura e sul benessere. Ecco alcuni concetti chiave su questo tema:
- Stile di vita basato sulla consapevolezza: I consumatori devono essere consapevoli del loro impatto e delle scelte di consumo. L’informazione sulla necessità di limitarsi all’essenziale può cambiare la nostra prospettiva, spingendoci verso scelte più oculate e sostenibili nel vestirci, come in altri ambiti della vita.
- Minimalismo nella Moda: Abbracciare lo stile minimalista nella moda significa focalizzarsi su capi essenziali, duraturi e versatili. Questa filosofia contrasta con l’approccio attuale basato su tendenze effimere e consumismo sfrenato, promuovendo un guardaroba più sostenibile e duraturo.
- Valorizzazione dell’Autenticità: Limitarsi all’essenziale significa apprezzare l’autenticità di ogni capo di abbigliamento. Invece di cedere alle mode veloci, gli individui sono incoraggiati a scegliere pezzi che riflettano la loro personalità e resistano alle tendenze passeggiere.
- Eliminare le scelte dannose e creare un’economia orientata al benessere.
- Riparazione e riutilizzo: Possono ridurre significativamente la necessità di nuovi indumenti (Zero Waste Europe 2023).
La transizione verso uno stile di vita essenziale richiede cambiamenti nelle politiche pubbliche, nella promozione di riparazione e riutilizzo, nonché nell’adozione di modelli aziendali rifiuti zero.
La cultura della sufficienza e del vivere consapevole
Oltre al “Lagom”, ci sono diversi concetti interessanti legati alla cultura della sufficienza e del vivere consapevole provenienti da differenti culture in tutto il mondo.
Eccone alcuni:
- Wabi-Sabi (Giappone): è una filosofia estetica giapponese che abbraccia l’imperfezione, l’impermanenza e la semplicità. Apprezza la bellezza e la serenità nel ciclo naturale di crescita e di avanzamento dell’età, evidenziato negli oggetti e la sua impermanenza dalla patina e dall’usura o da eventuali visibili riparazioni, sottolineando l’accettazione della transitorietà e la modestia di una vita semplice e ordinata.
- Hygge (Danimarca): è un concetto danese che racchiude una sensazione di intimità, appagamento e benessere generale. Spesso comporta la creazione di un’atmosfera calda e invitante, il godimento di piaceri semplici e la promozione di un senso di unione.
- Ubuntu (Africa meridionale): è una filosofia africana che enfatizza l’interconnessione dell’umanità. Promuove un senso di comunità, lealtà, compassione e sostegno reciproco. Il concetto è spesso espresso attraverso la frase “Io sono perché siamo”. Uno dei principi più basilari di Ubuntu è un obbligo morale nei confronti degli altri, comprese le generazioni passate, presenti e future. In questo modo sostiene una vita sostenibile che non influisca sulla capacità degli altri, comprese le generazioni future, di vivere (Department of Geography, University of Sheffield, 2021).
- Friluftsliv (Norvegia/Svezia): significa “vita all’aria aperta” ed è un concetto nordico che celebra il legame con la natura. Implica trascorrere del tempo all’aperto, apprezzare il mondo naturale e trovare gioia nelle attività esterne indipendentemente dal tempo. La ricerca suggerisce che le esperienze con la natura che coinvolgono le emozioni e la compassione hanno maggiori possibilità di indurre un comportamento responsabile dal punto di vista ambientale (Lumber et al., 2017, Chawla 2006, in Lund, JASEd, 2022).
- Voluntary Simplicity (globale): Semplicità Volontaria è un movimento globale che sostiene la scelta deliberata di vivere con meno. Implica dare priorità alle esperienze significative rispetto ai beni materiali, ridurre i consumi e abbracciare uno stile di vita più sostenibile e appagante.
- Aloha Spirit (Hawaii): è un concetto hawaiano che va oltre un semplice saluto. Comprende amore, pace, compassione e rispetto reciproco. Vivere con lo Spirito Aloha implica un profondo rispetto per gli altri e per l’ambiente.
Questi concetti condividono temi comuni di consapevolezza, equilibrio e attenzione alle esperienze significative rispetto all’accumulo materiale.
La responsabilità dell’industria della moda 
Oltre al coinvolgimento dei consumatori, l’affrontare la crisi planetaria richiede un cambiamento significativo nell’approccio dell’industria della moda. La cultura della sufficienza è una leva importante da applicare anche ai modelli di business per affrontare urgenti questioni di sostenibilità.
Limitarsi all’essenziale significa fare della sostenibilità una priorità assoluta. Le aziende devono integrare pratiche eco-sostenibili in tutte le fasi della produzione, dall’approvvigionamento dei materiali al packaging, promuovendo una filiera produttiva rispettosa dell’ambiente.
L’industria della moda deve abbandonare il modello di sovrapproduzione e adottare un approccio basato sulla necessità. La produzione va oltre la domanda: il 30% dei vestiti prodotti non viene venduto (Zero Waste Europe 2023). Ciò richiede un passaggio a modelli di business orientati verso i “rifiuti zero”, dove la qualità supera la quantità.
Riducendo la domanda dei consumatori si perderanno posti di lavoro? Diminuiranno le posizioni lavorative nella produzione tradizionale, ma centinaia di migliaia di nuovi posti potrebbero essere creati adottando nuovi modelli circolaridi business tra cui l’usato, il noleggio, l’abbonamento e la riparazione di vecchi vestiti che oggi finiscono in discarica (Moore, Circular Online, 2021).
Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è scegliere l’essenziale.
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One Comment
Bernadette
Articolo molto interessante e veritiero: se non cambiano le nostre intenzioni, non cambieranno neanche le nostre azioni.
Ho smesso di dipendere dalla fast fashion da molti anni e la cosa non potrebbe rendermi più soddisfatta di me stessa: gli ultimi capi che ho acquistato sono trattati con grande cura, ma oltre a quelli non ho più avuto la necessità di sfruttare i saldi o di entrare anche solo per un’occhiata e comprare quindi in modo immotivato. Adesso faccio uso di app di beni di seconda mano e non potrei trovarmi meglio. Condivido ogni punto da voi esposto, e ho ritrovato alcune filosofie di vita tra quelle elencate, come ad esempio il friluftsliv norvegese!