
La rivoluzione gentile di Slow Fiber
In questo episodio incontriamo Dario Casalini, fondatore di Slow Fiber, il progetto realizzato in collaborazione tra Slow Food Italia e alcune aziende italiane virtuose del tessile.

Dario ci racconta della necessità di una “rivoluzione gentile” per contrastare il modello del fast fashion, in un contesto in cui l’economia sposta ricchezze da tanti a pochi senza realmente creare benessere per l’umanità. Slow Fiber vuole cambiare in positivo il paradigma della produzione, del consumo e, quindi, della percezione del tessile. Oggi, infatti, ci troviamo immersi in uno stile di vita consumistico e all’insegna del fast-fashion, come afferma Dario.
Slow Fiber utilizza una serie di KPI (Key Performance Indicator) per valutare le aziende che aderiscono alla sua rete. Ogni aspetto del progetto è accompagnato da criteri misurabili, suddivisi in obbligatori e facoltativi. Questi KPI si concentrano su cinque pilastri: “buono”, “sano”, “pulito”, “giusto” e “durevole”. Ad esempio, il criterio “buono” richiede che le aziende mantenendo la propria sede originale e non delocalizzino, mentre “sano” si riferisce al controllo rigoroso della chimica utilizzata nella produzione. L’idea è che nessuna azienda possa essere considerata nella rete se non rispetta tutti i criteri di questi cinque pilastri.
Ascolta l’episodio per scoprire come la normativa vigente si tramuti in un “muro di gomma” per le imprese virtuose. Inoltre, il concetto di Made in Italy è messo sotto la lente nell’episodio, dove si afferma che “vale poco e nulla” se non accompagnato da controlli effettivi. La preoccupazione è che i prodotti possano essere etichettati come italiani anche senza rispettare standard di qualità dato che non ci sono adeguati controlli sulle importazioni. Le lobby del fast fashion influenzano pesantemente le normative, rendendo difficile la protezione delle pratiche sostenibili italiane.
Approfondisci i punti in comune tra cibo e moda, discorrendo di localismi e consumo/produzione fast, e i nuovi approcci economici come la “post crescita“, più che mai necessaria per un futuro sostenibile.

Sveliamo anche come le certificazioni, che sicuramente aiutano, possano rivelarsi fuorvianti e come le potenti lobby del fast fashion resistano ai cambiamenti necessari. Il Green Deal europeo potrebbe rischiare di trasformarsi in un’etichetta certificativa che non affronta realmente le problematiche ambientali – e non solo (scopri quale altro importante aspetto non affronta). L’episodio sottolinea come molte iniziative legislative tendano a preservare il modello di business attuale, invece di abbattere un sistema industriale ritenuto pericoloso. Insomma, il Green Deal può sembrare un passo positivo, ma potrebbe mascherare una realtà immutata piuttosto che apportare cambiamenti sostanziali.
In questo dialogo che invita a riflettere e ad agire, Dario fa un quadro schietto del settore, ci aiuta a capire meglio alcune dinamiche e ci fa conoscere una realtà che intende seminare un nuovo modo di produrre e di consumare coinvolgendo produttori e consumatori.
Indice dei Contenuti
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- Definizione di Slow Fiber (0:36)
- Il confronto tra tessile e filiera agricola (1:02)
- Problemi della filiera tessile (1:50)
- Sostenibilità nella moda (2:28)
- Cambiamento di carriera verso il tessile (3:34)
- Selezione delle aziende membri (9:00)
- Criteri di sostenibilità e KPI (11:39)
- Il paradosso e il peso delle certificazioni (17:23)
- Il sistema di audit di Slow Fiber (19:06)
- Il quid in più rispetto al modello legislativo attuale che vuole salvare capra e cavoli (21:54)
- La necessità del rallentamento dei consumi e di un nuovo modello economico (24.56)
- Attività di sensibilizzazione e manifestazione (34:11)
- Greenwashing e normative (40:25)
- Prospettive future e innovazione (48:11)
- AI, blockchain e tracciabilità (50:37)
- Made in Italy (53.14)
- Valori e modello economico (53:17)
Se vuoi approfondire, ti consigliamo il sito di Slow Fiber e il libro di Dario: